Montagna


La Topolino del papà rombava e sbuffava sui tornanti, prima del Pordoi e poi del Falzarego. Il papà era felice della sua automobile, di seconda, o di terza mano, ma revisionata per donarle ancora qualche anno di vita, in sicurezza. 

Ci teneva alla sicurezza, il mio papà; soprattutto dopo che era rimasto per strada per la rottura dell’asse di trasmissione. Una brutta storia, che aveva fatto urlare di terrore la mamma e tolto dal portafogli del papà qualche prezioso foglio rosa da diecimila lire. 

L’automobilina saliva, tornante dopo tornante. Il papà era anche riuscito a stare in coda ad un Maggiolino che lo aveva superato. Ha il doppio della nostra cilindrata, aveva gridato carico di orgoglio. La mamma forse non capì: aveva le nocche bianche per lo sforzo di restare avvinghiata alla leva del freno a mano e alla maniglia della portiera. 

Non guardare il vuoto, le diceva il papà ad ogni tornante; guarda in su … guarda le montagne! Lei teneva gli occhi chiusi, e quasi piangeva.

Ci si fermò al passo. Solo per un attimo, perché c’era vento e faceva troppo freddo, secondo la mamma. 


Si fece colazione sull’erba, sopra Cortina. 

Il papà fece una foto con l’autoscatto. Quanta gioia sul viso della mamma per quella gita col suo piccolino! Che senso di libertà in quel fiasco di vino tenuto dal papà, che ride, e mai ricordo di averlo visto ridere, se non quando proprio dimenticava il lavoro.

 

Franco













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