Rondini


Le rondini non sono mai arrivate in tempo per San Benedetto.

Ma, rispettando il proverbio, il nido l’hanno sempre costruito sotto il tetto, sia in città, sia in campagna, a casa dei nonni.

Ogni trave ne aveva almeno uno, anche due, sulle facce opposte. 

I piccoli ancora incapaci di volare sembravano chiacchierare scambiandosi le novità da un nido all’altro. Con loro parlavo anch’io, sporgendomi dalle finestrelle del sottotetto, cercando di imitarne la voce.

Amavo guardare le rondini che volavano basse col cibo per i rondinini, che si sgolavano a chiamare la mamma, o il papà. 

Non ho mai capito come facessero a riconoscersi. Riconoscevano anche me, bambino, perché mai hanno avuto paura della mia presenza, anche se stavo ad un braccio da casa loro e dal loro vivo, urlante, tesoro.

Quando l’elettricità arrivò anche a casa dei nonni, in mezzo ai campi, capii che le rondini sanno parlare tra loro. Lo dimostrano alla fine dell’estate, quando si posano in lunghe file vocianti sui fili della luce. 

Le ho spesso salutate prima di tornarmene in città, o prima che partissero a godersi l’estate dall’altra parte del mondo.

Il loro era un arrivederci, gli auguri per l’anno avvenire.


Franco




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