Che scatto!


Era davvero simpatica, spigliata, spiritosa. 

Una montanara tutta d’un pezzo, capace di camminare senza sosta per ore e ore restando fresca, come se fosse appena partita.

In valle la chiamavano con un nomignolo poco femminile: doppietta. Non le calzava benissimo: il suo fucile aveva due canne sovrapposte: una sparava cartucce a pallini, l’altra proiettili per la caccia al camoscio che potevano colpire fino a mille metri di distanza. 

Mille sono tanti, diceva, ma a cinquecento non sbaglio un colpo. 

Ne avevano tutti grande rispetto; un po’ per timore dei suoi muscoli scattanti, e per il suo carattere sicuro e determinato; un po’ per il fatto che in paese era l’unica che aveva affrontato l’Università. Con successo.

Insomma, una donna tosta, davvero un bel tipo.


La seguivo mentre preparava la tesi … in realtà faticavo a starle dietro per boschi e per sentieri in quota.

Quando correva cinquecento metri più in su, davanti a me, l’avrei fermata volentieri con una schioppettata, ma non avevo il suo fucile, e nemmeno la sua mira.

Lei aveva invece una mia foto: mi ritraeva su di un tronco, irto di rami spezzati, caduto di traverso ad un torrente spumeggiante qualche metro più in basso. 

Lei ci era passata in un attimo, senza paura e senza tentennamenti. 

Io ero lì, a metà strada, e non sapevo come liberare lo zaino incastrato tra i rami. 

Lei rideva. 

Scattò la foto. 

Poi venne a salvarmi.

Era proprio simpatica. 

Ma anche un po’ … stronza!


Franco



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