Larice
Dovrebbe essere considerato un campione tra gli alberi.
Ma viene sempre sistemato tra le riserve, mai nella squadra che conta, dove invece figurano le farnie, le picee e gli abeti, anche i faggi, alberi che hanno fatto la fortuna di alcuni Paesi, consegnandoli alla Storia.
Il larice forse nemmeno se ne ha a male. Pochi ne parlano e ne scrivono. Anche per questo sembra che se ne stia in disparte, solitario. Ho trovato, però, un poeta occitano che fa raccontare ad un larice la sua vita. Almeno per questo mi sembra che il larice sia il primo albero a figurare a pieno titolo nella letteratura!
È un pioniere. È il primo a conquistarsi uno spazio in alta quota, a porre radici là dove il gelo morde, ma il ghiaccio cede un palmo di roccia sgretolata, una fessura cui aggrapparsi. Cresce bello, maestoso, solenne, e dona una chioma leggera dall’ombra vaga e dai colori cangianti dal verde all’oro, prima di spogliarsi per l’inverno.
Resiste alla neve, anzi, regala sicurezza agli uomini, ancorandola ai versanti col suo fusto sciabolato.
Bel legno, ricercato ed ambito. Chiaro e rosso. Ci costruiscono la casa, scrive il poeta occitano, dal letto nuziale alla culla, dal tavolo agli armadi, e spesso accompagna in terra chi ha goduto del suo profumo per tutta la vita.
Larice ed uomo. Un’esistenza in comune, da sempre.
La storia si confonde spesso con la leggenda.
Alcune travi del Panteon reggono ancora, dopo duemila anni: sono stati ottenuti da larici portati dalla Retia fino all’urbe grazie a dendrofori trentini e veneti, lungo i fiumi e poi per via di mare, abbracciando tutta l’Italia.
Anche alcuni ponti di Roma hanno avuto il cuore di larice: non brucia, si diceva, resiste a tutto.
Brucia benissimo, sosteneva invece, nel ‘500, Andrea Mattioli, raccontando che i più apprezzati forni fusori del Trentino e di altre contrade alpine usavano il carbone di legna migliore, quello ottenuto dal larice.
Ottima resina, dai cento impieghi, scriveva ancora il Mattioli dissertando sulla trementina del larice.
Come medico imperiale davvero se ne doveva intendere!
Grazie Lucio per il tuo splendido disegno. Grazie Michele, sei uno stimolo continuo!
Franco
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