Ragazze
Mi piaceva da impazzire.
Aveva diciassette anni, forse diciotto, capelli lunghi fino alle spalle ed occhi neri, che sembravano animati da lampi di luce: carboni accesi.
Stava spesso nella guardiola del portiere, a casa di Isa, a Cagliari, e mi sorrideva sempre quando passavo.
Servono dieci lire per l’ascensore, mi diceva, se non ne hai eccotene qua …
Me la trovavo accanto, e ne sentivo il profumo.
Mi turbava. Ogni tanto ci pensavo …
Pensieri miei, che custodivo gelosamente, specie lì a Cagliari, dove ero sceso dopo la maturità. Un mese intero di vacanza, libero, ospite di mia sorella.
Un giorno sentii parlare Isa con la ragazza della portineria. Quasi bisbigliava, e usava anche qualche parola sarda. Lascialo stare - le diceva - … è poco più di un bambino, non te ne accorgi?
Parlava di me. In un attimo tutta la mia autostima da neo-studente d’Università evaporò nell’aria rovente della Sardegna.
Quella sera nemmeno partecipai al coro di canti rivoluzionari intonati da Carlo e dai suoi amici, seduti accanto al fuoco acceso a Cala Regina; canti resi vigorosi da un secchio di sangrìa gelata.
Ero tornato ad essere un bambino.
E avevo smesso di pensare alle ragazze.
La forza delle parole!
Franco
“bambino” al nuraghe di Barumini
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