Leggende
Vittore e Corona. Il santuario dei martiri è vecchio di mille anni, e già questo lo avvolge di fascino, e di mistero.
Arroccato sul monte, lo si raggiunge a fatica. Arrivarci a piedi, specie d’estate, è una penitenza: ci si santifica già solo salendo.
L’eremo riempie il visitatore di stupore, e di soggezione. Per chi crede ai miracoli, come quelli raccontati dagli affreschi che ornano il chiostro, quel luogo alimenta la fede, e la fantasia.
Si narra che i corpi dei Santi siano stati portati fin sotto il monte su un carro trainato da cavalli. I cavalli si rifiutarono d’affrontare la salita, resa impegnativa anche dalla pioggia e del fango. Giunse una vecchietta, con due misere vacche, e tra l’ilarità dei presenti propose di aggiogarle al carro al posto dei cavalli.
Abbiate fede, disse.
Senza sforzo, le vacche salirono il monte, lasciando le loro impronte nel fango, che in un attimo si trasformò in roccia.
Le impronte si vedono ancora oggi. Qualcuno si stupisce, come fecero gli antichi testimoni dei fatti tramandati con la leggenda.
Diecimila anni prima, i cacciatori della Valbelluna salivano in Cansiglio portando con sé l’occorrente per la caccia. Si portavano anche quanto serviva per costruire le punte delle frecce: pezzi di selce. La selce migliore, perché si scheggiava in maniera perfetta sotto i colpi vibrati dal cacciatore, veniva recuperata da un deposito scoperto sotto un monte, proprio quello di Vittore e Corona. Erano noduli sferici, che si cavavano senza fatica dalla pietra che li conteneva, lasciando un’impronta simile a quella impressa dalle vacche nel fango ai piedi del monte.
Così, a volte, nascono le leggende.
Un bellissimo nodulo di selce, ottimo per farci punte di freccia, me lo donò mio fratello.
L’ho recuperato dal greto del Piave, mi disse, l’ho visto mentre pescavo …
Leggenda anche questa?
Franco
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