Nonno
Era posata su di un mobile, in tinello.
Ci arrivavo a stento a guardarla posando il naso sul ripiano.
Nelle esplorazioni di casa era però una delle mie scoperte preferite. Avvicinando una sedia al mobile e montandoci su, in piedi, per un attimo riuscivo anche a toccarla e a studiarla con attenzione.
Una statuetta di legno, molto scuro, forse per gli anni, o forse per la cera con la quale la Gemma ogni tanto l’ungeva e poi lo lucidava. Così il legno rivive, diceva la Gemma. A me sembrava solo unto, ma dopo sapeva un buon profumo. Mi piaceva.
Mi piaceva anche il soggetto: un bambino piccolo, con la pipa in bocca.
Un’eresia … una cosa da chiarire con la mamma, prima o poi: perché non posso fumare anch’io?
Oddio … quel bambino era seduto sulle ginocchia del nonno, o forse della nonna … perché mai un nonno deve indossare il grembiule? Il viso mi pareva più da nonno, un nonno felice del suo nipotino, perché stava sorridendo.
Non mi passava per la testa che il nonno sorridesse perché il suo piccolo gli aveva rubato la pipa, spenta. Era un gioco, ma a me piaceva vedere l’intesa tra i due, la complicità.
Mi piaceva quel nonno, così diverso dal mio, che stava sempre zitto, seduto sulla poltrona di vimini, col capo chino sul petto e un plaid sulle ginocchia. Stanco, malato.
Quell’altro nonno, di legno, giocava invece col suo nipotino. Era un uomo buono … lo sentiva anche il gatto, che faceva le fusa strusciandosi contro le sue gambe.
Si, proprio un bambino fortunato, quello lì, che aveva un nonno, una pipa, e anche un gatto!
Franco
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