Pigafetta
“Che nebbia”! Esclamava la mamma sul finire dell’estate, quando le prime brume settembrine parevano scalare il monte, nascondendo la pianura sotto un candido mare spumeggiante.
“Pare che gli alberi stiano piangendo per l’arrivo dell’autunno”, continuava la mamma alludendo allo stillicidio di gocce che si formavano sulle foglie per poi scivolare a terra come fosse pioggia.
Cinquecento anni prima, il vicentino Antonio Pigafetta, cavaliere di Rodi, andò a cercar fortuna alla corte di Carlo V, in Spagna. Lì venne a sapere che Ferdinando Magellano stava preparando una armata di cinque vascelli per raggiungere, attraverso nuove rotte, le favolose Isole Molucche.
Non ci pensò un attimo; Pigafetta pose la sua spada al servizio della Spagna e della spedizione.
Il viaggio durò tre anni. Delle cinque navi ch’erano partite, solo uno ritornò in Spagna, con appena diciotto marinai dei duecentocinquanta che vi servivano. Molti anni dopo Pigafetta pubblicò i suoi diari di viaggio.
È curioso un appunto che egli annotò a proposito delle Isole Canarie, dove oggi sappiamo che i pluviometri segnano la quasi totale assenza di precipitazioni.
Scriveva dunque il nostro compatriota: “… in quelle de le Canarie c'è una isola … ne la quale non si trova una goccia de acqua. Verso mezodí [si vede] discendere una nebola dal cielo e circonda uno grande arbore che è nella detta isola, stillando dalle sue foglie e rami molta acqua; e al piede del detto arbore è addrizzata in guisa de fontana una fossa, ove casca l'acqua, de la quale li uomini abitanti e animali, cosí domestici come salvatici, ogni giorno de questa acqua e non de altra abbondantissimamente se saturano”.
Pigafetta raccontava di un solo albero. Oggi lì c’è una foresta. Di Dracene in basso, di Pini verso le cime.
Un mondo verde e rigoglioso, lì alimentato dalle nebbie cui la mamma attribuiva il compito di annunciare la fine della bella stagione.
Franco
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