Fiume
La barca era piccolina, di legno, in qualche modo sistemata per reggere il peso di due o tre persone.
Checco aveva comperato anche un piccolo fuoribordo, di centesima mano; quanto gli bastava per non remare controcorrente.
Non c’era molta strada da fare, quattro chilometri al massimo, tra la cascatella sotto il ponte di Montegalda e la vecchia ferrovia Treviso-Ostiglia; lì, sotto il ponte, c’era di tutto, appena nascosto sotto il pelo dell’acqua. Pericolosissimo avventurarvisi.
Che meraviglia navigare sul fiume! Visto dall’acqua tutto appare diverso: per un attimo immagini d’essere in Amazonia, anche se gli alberi sono miseri salici, o pioppi, a volte anche qualche alberello coltivato al margine dei campi, a ridosso della sponda, piantato lì con la speranza di trattenere la terra.
Tutto appare fitto, incombente, misterioso, con cento creature, quasi invisibili, che ti osservano.
Al ritorno ci si fa trascinare dalla corrente. Il silenzio è profondo, a parte il gracidio di qualche rana, il fruscio degli uccelli nei cespugli e il respiro di Paco, il cane, che, ad occhi chiusi, riconosce col fiuto il suo territorio.
Mi faccio dondolare. E penso a questa incredibile, silenziosa, immensità.
Basta un guscio di noce nell’acqua, e dimentichi il mondo che c’è là fuori, da qualche parte.
Sai che è fatto di cemento, di fretta, di rumori, di sporcizia.
E capisci cosa potrebbe invece essere!
Franco
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