Gare
Con Dario si faceva sempre a gara salendo il monte in bicicletta.
Per arrivare dai nonni c’erano sei chilometri di ghiaia e di sassi, un sacco di curve e qualche tornante. Mancava solo l’ombra.
Vinceva chi, nello sforzo, riusciva a non far slittare le gomme sulla polvere e il ghiaino: se succedeva, la bici quasi si fermava, e per riprendere velocità si sprecava un sacco di tempo e di energia.
Bisognava fare attenzione anche alle grosse pietre nascoste nella ghiaia: la ruota poteva scivolare di lato e in un attimo si perdeva qualche metro, che valeva la sconfitta.
Di sicuro si perdeva se, per colmo di sfortuna, si finiva su un chiodo, come quelli che ferravano le scarpe da lavoro della gente del monte, spesso ricordo del servizio militare e, magari, anche della guerra.
Prendere un chiodo significava salire a piedi spingendo la bici.
Però lo si faceva in due, vincitore e vinto, chiacchierando e sbirciando con voglia la frutta negli orti lungo la strada.
Si fa peccato? si chiese Dario … è roba d’altri …
Il dubbio ce lo tenemmo. Sembrava però che tutti ci guardassero, e dalla voglia ai fatti non si passò mai.
Franco
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