Luce
Lo sanno tutti che Venezia è magica.
Sono mille i racconti su questa magia.
Ma Venezia è quasi sempre diversa da tutto ciò che se ne racconta.
Per molti anni ci sono andato per lavoro. Sempre di fretta per arrivare, e di fretta per tornarmene a casa.
Spesso, tornando, ero assorto nei miei pensieri, così da non guardare dove mi conducevano i passi, affidati alla consuetudine di un cammino ben conosciuto.
M’è così capitato di sbagliare strada, di non riconoscere più i luoghi e di dover cercare qualche indizio che indicasse la mia posizione nella mappa di Venezia che avevo nella mente.
È in questo modo che ho scoperto la magia di Venezia.
Con occhi stupiti l’ho vista vecchia e cadente, coi muri scrostati e quasi marcescenti, popolata ancora da veri veneziani, da donne che si parlano dalle finestre, attraverso le calli o i rii, con osterie e bacari. Ne ho sentito gli odori, che possono nauseare, ma sono quelli dell’acqua ferma e della vita, i segni della quotidianità.
Una sera ho dovuto cercare i nizioleti, le targhe stradali dipinte sui muri, bianche con la cornice blu, o marrone, come le etichette sui quaderni di una volta. Ne avevo bisogno, in quella sera ormai scura, per trovare la strada per casa.
Alla ferrovia, c’era scritto su di un nizioleto; mi sono sentito salvo.
Poi ho fatto caso al lampione, che era una lampadina avvitata ad un piatto di lamiera; una luce fioca, ma calda, che sapeva già di casa.
Una luce che aveva il colore della storia, e il sapore dell’incantesimo.
In quel momento ho deciso di perdermi, di andare alla ricerca di quelle luci nel silenzio d’una Venezia deserta.
Nizioleto dopo nizioleto sono arrivato alla stazione; e m’è dispiaciuto.
Dal sogno son passato alla realtà.
È stato tristissimo. In quell’attimo ho capito d’aver perduto qualcosa.
Franco
La foto è di Fabio
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