Fortezza


Salendo a Trento lungo l’autostrada del Brennero resto sempre affascinato alla vista di una fortezza che domina la Vallagarina con le alte mura ben piantate su di un colle erto, arduo da scalare. Da una ventina d’anni, la sera, la fortezza è messa ancor più in risalto da un sistema di luci azzurrine che la fanno stagliare contro il cielo scuro della notte, donando al viaggiatore suggestioni di assalti ardimentosi e di epiche battaglie. 

A me spesso si stringe il cuore. Il castello, che molti chiamano di Besenello, dal nome del borgo che ne è dominato, veniva infatti spesso ricordato dal professore di storia del liceo che frequentavo, a Trento. 

Il professore era animato da un ardente orgoglio tridentino, ben alimentato da alcuni episodi della storia tirolese. Tra questi, forse il più appassionato era quello della battaglia di Calliano combattuta, nel 1487, tra gli imperiali trentini e l’esercito veneziano guidato da Roberto Sanseverino d’Aragona, che già aveva annesso alla Serenissima la città di Rovereto e il suo contado. 

Sento ancora la voce del mio professore. Ricordava la superiorità numerica dei Veneziani, che nulla però potè contro il coraggio e il valore dei Trentini, pochi uomini asserragliati nella fortezza, sostenuti da una compagnia di Lanzichenecchi inviati da Massimiliano d’Austria a difesa dei fragili confini dell’impero.

In realtà nessuno vinse e nessuno venne sconfitto. Ma lì, intorno a Castel Beseno, si infranse l’avanzata veneziana verso Trento, e il Tirolo. Lì morì anche il Sanseverino, le cui spoglie vennero raccolte con ogni onore dai soldati trentini che le portarono fino al Duomo di Trento, dove, pur se nemico, venne sepolto come un campione di ardimento.


Io, studente del Liceo, ascoltavo con attenzione quella rievocazione storica, frammista a schegge di cronaca di quella antica battaglia. Come tutti ero infiammato di curiosità, e di passione, ma le mie origini venete mi davano pena per la sconfitta veneziana.

Del castello contro cui s’infranse l’assalto del Sanseverino, mi parlò a lungo anche mio fratello, che aveva progettato la nuova illuminazione della rocca. 

Non posso comunque scordare quell’anno di liceo, e il 1487, era il dieci o l’undici di agosto, come oggi, perché l’acquarello della fortezza, dipinto da mia cognata, l’ho sempre davanti agli occhi.

 

Franco


Acquarello di Franca Rebuffat






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