Lodola


Lo confesso, era stata una pazzia.

Ne parlavo con un amico, in istituto: mi piacerebbe avere una moto, da usare in montagna … 

Il giorno dopo mi disse che poteva procurarmi, per una cifre decente, una moto del Corpo Forestale, con in più una cassa di pezzi di ricambio. Un modello fatto apposta per salire in montagna, a prova di tutto, una meraviglia tecnologica.

In più era quasi nuova, diceva, recuperata dal magazzino regionale. 

Non ci pensai un attimo. E accettai.

Non fu altrettanto facile fare accettare la mia decisione in famiglia.

Ma quando arrivò la moto … anche lei se ne innamorò. Non lo avrei mai immaginato … aveva le due ruote nel sangue.


Andammo dappertutto, con quella Lodola della Guzzi, dalle più sperdute malghe del Trentino ai lidi ferraresi, dove i nostri bambini andavano al mare con la loro santa nonna.

Un bel coraggio. O eravamo due genitori scapestrati?

Affrontammo anche una tempesta di pioggia violentissima mentre tornavamo dai lidi e dovevamo percorrere la strada che correva in mezzo alla laguna. Acqua dappertutto. 

Solo quando arrivammo a Padova si rese conto d’aver perduto una lente a contatto. Lavata via dalla pioggia scrosciante, o dall’acqua della laguna sollevata dal vento. 

Restammo a lungo immersi fino al collo nel caldo della vasca per toglierci il gelo di dosso.

Ma capimmo d’aver vissuto un’avventura all’Indiana Jones! 


Un paio d’anni più tardi cedetti la moto ad un forestale in divisa. Ritorno alle origini. 

Mi ero però reso conto di quanto rischiose fossero le due ruote.

L’astinenza durò qualche mese, poco più del gesso che mi fasciava la gamba. 

Arrivò una seconda moto, un’altra Guzzi, solo un po’ più … corsaiola.

Quando si dice saggezza! In veneto: aver la testa ben piantata sul collo.


Ogni tanto controllo: si, ce l’ho ancora … sia il collo, sia la testa.


Franco


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