Monte Nero


Il Corriere di oggi dedica una bellissima pagina a Lucia degli Alpini, una signora che, per pietà e per passione, è divenuta Cacciatrice di anime. Con pazienza certosina, Lucia restituisce memoria ai mille e mille giovani caduti combattendo, o per ferite, o per malattia durante la Grande Guerra. 

Quella lettura mi ha commosso. Ho pensato che ora c’è qualcuno, magari un familiare, che ha potuto recuperare memoria di un parente che più di un secolo fa ha conosciuto l’orrore del fronte, in trincea, o all’attacco di altre trincee, finendo poi sepolto in un ossario di guerra, spesso senza nome, o col nome storpiato e irriconoscibile.

Spesso neanche figli e nipoti di chi è riuscito a tornare sono stati in grado di conservare, o recuperare, memoria dei propri cari. Costoro, infatti, magari straziati nell’anima dalle battaglie combattute, carichi di terribili esperienze, forse anche per pudore, o per la voglia di dimenticare, il più delle volte hanno preferito tenere i ricordi solo per sé.

Lo zio Gianni è certamente uno di questi. Quante volte, da bambino, ho giocato con lui, sono salito sulle sue ginocchia, l’ho sfidato in tante partite a bocce, giocate coi dischetti di gomma, o a tiro al bersaglio, con le freccette. 

E di lui non sapevo nulla!

L’ho ritrovato per caso, in rete. “Giovanni C., s.ten. 3° Alp., btg. Susa, 36° cp.; guidava con intelligenza ed ardimento il proprio plotone durante tutta la giornata del combattimento, concorrendo al buon esito dell’azione generale - Monte Nero, 16 giugno 1915”. È la motivazione per cui lo zio venne insignito d’una medaglia al valor militare, e promosso al grado di tenente. Divenne capitano un anno più tardi, dopo le battaglie delle Tofane, in Ampezzo.

Perché mai nessuno me ne ha parlato? Di guerra si racconta poco, è vero … si prova un certo pudore verso la morte, la sofferenza. 

Soprattutto non racconta la guerra chi è tornato a casa, con medaglie e riconoscimenti. 

Di certo lo zio conservava negli occhi la sofferenza dei suoi compagni che non erano tornati con lui, che erano rimasti lassù, sulle pietraie del Monte Nero, che il canto degli Alpini definisce traditor della vita mia. 

Dello zio ricordo il sorriso, e la bonomia. Ne ricordo anche l’allegria fin che si giocava nel sole dell’estate. Ora penso alla sofferenza che deve aver conservato nel cuore, con la memoria di tanti compagni perduti su quella cima ancora carica di neve.


Franco



foto d'archivio 

dell'Esercito Italiano


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