Nemesi
Perché trentanove e non quaranta? Mi hanno domandato delle stanze della Casa dello Studente Negri, oggi Centro Sportivo dell’Università.
Semplicissimo: una delle stanze era doppia. Forse un tempo era destinata al custode, oppure serviva all’Amministrazione.
Ci stava Renato con un secondo ragazzo, un cadorino che studiava Ingegneria.
Renato voleva me come suo compagno di stanza; frequentavamo lo stesso corso, e avremmo potuto studiare insieme. L’idea mi andava, e poi anche Renato abitava a Trento, come me, e in più aveva l’automobile ed era generoso. Perfetto in tutti i sensi.
C’era però di mezzo quell’aspirante ingegnere. Come fare?
Insieme, con studiata strategia, una battuta di qua e una di là, lavorammo ai fianchi quel povero ragazzo, che alla fine se ne andò dalla Casa lasciando libero il posto.
Un po’ mi prudeva la coscienza, ma grazie al tennis dimenticai in un attimo quella fastidiosa sensazione.
Erano passati circa vent’anni da allora.
Ero appena stato nominato direttore del Centro d’Ecologia, quello dell’Università, in Cadore, e andai a salutare il Sindaco del paese.
Ma guarda chi si rivede - mi disse venendomi incontro il sindaco-ingegnere - ciao Franco, ci si da del tu, vero, proprio come una volta? Mi disse sorridendo con aria sinistramente furba.
Già che sei qua … quel vostro edificio mi andrebbe proprio a pennello per farne un centro sociale! Non pensi che per te sarebbe meglio avere il laboratorio più vicino a Padova, ad Asiago, ad esempio?
Dovetti sudare quattro camicie per convincere l’ex compagno di stanza di Renato che sarebbe stato meglio, e di gran lustro, tenersi in casa un pezzetto d’Università piuttosto che farci, al suo posto, un centro sociale dall’incerto futuro.
Che incubo! Meglio: nemesi!
Una via di mezzo tra fantascienza e horror; roba alla Steven Spielberg e Stephen King messi insieme!
Franco
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