Sessantanove
Tempi orribili, diceva qualcuno ricordando il ’68 e il ’69.
Certo, c’era stato qualche disordine, da noi anche qualche carica della polizia, e un po’ di occupazioni delle Case dello Studente…
Benedetti ragazzi! commentava qualcun altro che nulla capiva dei cambiamenti che si stavano preparando.
La sera prima c’era stata assemblea. Se ne sentiva ancora l’odore nel salone della Negri.
Io me ne ero andato presto a studiare in camera mia, stufo delle discussioni.
La mattina dopo avevo ripreso presto a studiare, senza fare colazione. Pensavo di andare al bar più tardi, dopo che avessero rimesso in ordine la sala dove s’era tenuta l’assemblea.
Ci fu un tuono, e il vento fece sbattere le imposte. Misi subito le scarpe e uscii per correre al bar prima che prendesse a piovere.
Mi fermò la polizia quando stavo attraversando la strada. Erano appostati lì, a controllare la situazione.
A gambe larghe, le mani poggiate sul tetto della Giulia, venni perquisito come fossi un ladro, un rapinatore. Cadevano le prime gocce quando mi chiesero i documenti. Non li avevo … a cosa servono i documenti per fare la colazione, lì … indicavo il bar al di là della strada.
Così, sotto scrosci di pioggia sempre più intensi, mi chiesero tutto della mia vita, degli studi e della mia famiglia. Loro, beffardi, avvolti nella mantella impermeabile, io praticamente vestito d’acqua.
Mi lasciarono andare, e saltai la colazione.
Il custode, ex carabiniere, e sempre incazzato con gli studenti, se la rideva standosene con la moglie all’ingresso dell’edificio. Quando gli arrivai davanti mi salutò, beffardo come i poliziotti. Ti sta bene, gli si leggeva negli occhi.
Guardai sua moglie e decisi in un attimo.
Mi tolsi le scarpe, la maglietta e i jeans, ed entrai così, mezzo nudo e grondante di pioggia, nella sala appena risistemata.
Cominciai così, in mutande, la mia personale rivoluzione!
Giugno ’69; tempi duri quelli, davvero!
Franco
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