Batocio
Siamo a carnevale, e si sono vestiti da Arlecchino. Non sono bambini … sono ragazzi, e forse stanno parlando di tose … vogliono andare a divertirsi …
Mah, per me non è così. Non mi convincono né la postura, né la faccia. Si, d’accordo, sono Arlecchini, ma l’artista ha scelto quel personaggio perché è simpatico, ma di dubbia moralità. Arlecchino non è solo la maschera veneziana, o il buffone della commedia dell’arte francese e veneta. Arlecchino era un tipo tosto, che campava di espedienti, vendendosi al miglior offerente, e girava sempre armato di randello. Arlechin batocio, si diceva dalle nostre parti, e non era una battuta spiritosa; evocava il pericolo. Come i bravi del Manzoni, che tanto bravi non erano.
Eppure hanno l’aria di ragazzetti. Guarda, uno sorride, l’altro è accosciato, e sembra pensare ad un gioco, forse sta proponendo di andare al campetto per tirare qualche calcio al pallone …
Ma dai, e tu giocheresti a pallone vestito così? E col cappuccio in testa?
E allora è carnevale … fa ancora fresco, anzi freddo, a febbraio o a marzo. E quelli hanno voglia di divertirsi, magari anche combinando qualche bricconata.
Tu guardali bene … sono ben piantati, muscolosi, sono ragazzi come quelli che ogni giorno, di questi tempi, riempiono le cronache dei giornali con le loro bravate… no, proprio non mi convincono.
Guardiamo ancora la lito del Murer. A distanza di trent’anni siamo ancora lì a discuterne. Se fosse vivo, l’artista ne sarebbe felice: questa è la funzione dell’arte, stimolare pensieri, idee, interpretazioni, magari discordanti, perché l’arte deve essere pungolo per lo spirito, per la mente.
Beh, la lito è appesa in un angolo defilato della casa, in un corridoio, nemmeno troppo illuminato. Ma non c’è giorno che gli occhi non si posino su quelle figure, e che non si torni sull’argomento: buoni o malandrini?
In fin dei conti se ne discute da qualche secolo, e Arlecchino, forse anche per questo, è l’idolo di molti bambini.
Franco
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