Fontana
Nel ’52 sistemarono la fontana. C’è ancora la data, incisa nel cemento, sopra il rubinetto.
Era una cisterna di pietre ben sistemate e stuccate in modo che l’acqua non filtrasse tra l’una e l’altrai. Nel soffitto si apriva una botola, dalla quale si poteva entrare, nei periodi di secco, per fare la pulizia del fondo.
La cisterna era stata costruita in modo che sbarrasse una stretta incisione tra le rocce del monte.
In quel punto l’acqua zampillava; non molta, in verità, ma era quanto bastava a riempire lentamente la fontana e a garantire le necessità della gente della corte durante l’estate, per bere e per lavarsi.
Appoggiavo spesso l’orecchio al cemento liscio della fontana; sentivo il gorgoglio dell’acqua, e in un attimo già quel rumore mi rinfrescava nella calura estiva.
A volte la bocca del troppo pieno riusciva ad alimentare un rigagnolo, che subito si perdeva tra il ghiaino ai margini della strada tra i campi. Lì cresceva una striscia d’erba verdissima, brillante nel secco che dominava tutto intorno, nel sole. Era un paradiso per le vacche e per gli insetti e, la sera, per i rospi in amore.
Quando non si sentiva il gorgoglio della fonte, la mamma si allarmava: mancherà l’acqua, diceva, bisogna risparmiarla.
Ero contento … per un poco niente bagno serale nella tinozza, in corte, davanti a tutti!
Franco
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