Fuoco
La stufa della foto non è la mia: ho recuperato l’immagine su Ebay.
Ma la mia era quasi identica: Ideal Micro fusa in ghisa nel XVI anno dell’era fascista.
Veniva donata ai giovani sposi nel giorno del loro matrimonio.
L’abbiamo adocchiata in mezzo a mille cianfrusaglie sotto il tendone di un venditore di robe vecchie, in montagna, nel piazzale del passo della Mendola.
In un attimo me ne innamorai. Contrattai a lungo, e me la portai a casa per una cifra accettabile: il valore equivalente al peso del ferro. Il vero problema fu sollevarla fin sul portabagagli della mia Mini rosso fiamma.
Ancora più difficile fu rimetterla a terra, Enzo ed io, da soli.
Il nostro bambino aveva dieci mesi, quell’agosto; passai le vacanze con un occhio al piccolino mentre mi ingegnavo a smontare e a rimontare la stufa, che era un blocco di ruggine e di calcare. Riuscii a recuperare anche la vasca per scaldare l’acqua, che in un angolo aveva ospitato il nido d’un topolino.
Il tocco finale fu la verniciatura; usai una pittura resistente al calore del fuoco: rosso sangue di bue. Avrei preferito sangue di drago: uno sputafuoco sarebbe stato più in sintonia con una stufa!
Ho dovuto separarmene quasi cinquant’anni più tardi: per qualche motivo s’era crepata la ghisa: non avrebbe retto ad una nuova accensione, e comunque non avrebbe trattenuto il fumo, che avrebbe invaso la casa.
Mi si è stretto il cuore: se ne andava la nostra cara “vecchietta”, portandosi via il calore di una lunga amicizia!
Franco
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