Giostre
Le giostre arrivavano in città l’otto settembre.
Anche se il papà diceva che quello era stato un giorno terribile, per me l’otto settembre era di festa grande!
Le giostre significavano divertimento. C’era una infinità di gente allegra, profumo di dolci, e tanta confusione, che alla mamma non piaceva.
Per me invece erano la libertà. Non perderti, tienimi per mano, continuava a ripetermi.
Era proprio il contrario di quello che volevo fare io.
Andiamo all’autoscontro! No, magari caschi e resti fulminato.
Otto volante, allora! Ma no, le macchine vanno troppo veloci, e magari ti investono.
Montagne russe, dai! No, no … fanno venire il mal di cuore.
Tiro a segno! No, è roba da grandi.
No … No … No … era solo un No, continuo, insistente.
Ma perché mi porti alle giostre se non mi lasci fare niente?
C’è lo zucchero filato … ci sono i cavallini … c’è la pesca con le palline, o con la canna e l’anello … il labirinto degli specchi ….c’è una infinità di cose che puoi fare!
Ma sono tutte per bambini piccoli, io ormai sono cresciuto, sono grande!
Passarono molti anni prima che potessi andare alle giostre senza la mamma, ma con Dario.
Eravamo grandi, finalmente! Appena in mezzo alla folla mi diede una sigaretta.
Mi ricordo la marca, famosa, americana.
Ancora di più ricordo la tosse violenta, e, dopo un attimo, i conati di vomito.
Il divertimento arrivò solo più tardi, quando smisero di girarmi intorno, come fossero giostre, il mondo, la gente e il vociare forte e confuso di tutti. Anche i profumi, quelli dello zucchero filato, della frutta caramellata e dei torroni al miele e alla cioccolata: terribili, se mescolati insieme a quello delle sigarette!
Franco
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