Legno


Me lo ha regalato mio figlio, portandolo dall’America. 

Ha cinquantamila anni, mi disse, l’hanno trovato in una torbiera.

È una scheggia di legno; sembra staccata da un tronco caduto a terra qualche anno fa, come quelli che a volte si incontrano nei boschi, un po’ aggrediti da funghi e batteri, e ricoperti dal muschio. 

Quel tronco ha invece conosciuto anche una glaciazione, e nella torba zuppa d’acqua, priva d’ossigeno, s’è conservato proprio bene. 

Sono tanti anni, cinquantamila.


Ne conta milioni un altro tronco di cui mi hanno regalato qualche fettina. 

Di legno non ce ne è più; è solo pietra, ma conserva l’antico disegno degli anelli. 

Una storia che non si riesce più a leggere, ma che affascina, per i colori, la durezza, e la lucentezza che gli hanno dato lisciandolo con le macchine, e con un po’ di chimica.


Ho anche un piccolo carbone. Può essere caduto un fulmine che ha appiccato il fuoco tra i mughi, lassù, a Mondeval. La struttura intima del legno, che poi è diventato carbone, si legge ancora, se si sa come fare. 

Il fuoco può essere stato anche acceso da un cacciatore, un compagno dell’uomo che è morto lassù, a oltre duemila metri di quota, circa ottomila anni fa. 

Si sanno molte cose di lui, dell’uomo di Mondeval. Ce le raccontano la sua tomba, e la spilla che fissava il mantello, e poi i suoi attrezzi da caccia e i resti degli animali di cui si era cibato. 

Ed anche i carboni mescolati alla terra con cui è stato sepolto.

Mi affascinano questi racconti. 

Ma mi piace anche il silenzio. 

Conserva i segreti. 

Così resta sempre qualcosa da scoprire!


Franco


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