Lume


Quella sera lo zio portò a casa nostra il suo splendido grammofono, con l’enorme tromba d’ottone colorata a spicchi neri e dorati. 

Vennero anche gli altri zii della corte, con un piatto di biscotti caldi e profumati.

Il papà e la mamma recuperarono le due bottiglie di vinello chiaro che avevano messo al fresco in un secchio d’acqua. 

Poi accesero la luce.

Tre grandi lumi a petrolio lampante, con lo stoppino tenuto alto per illuminare ogni angolo del salotto. 

Concessero anche a noi bambini di restare alzati, ad ascoltare l’ultimo disco della Callas.

I fiori cantano? Chiesi io facendo ridere tutti. 

Sciocchino, mi disse la mamma con gli occhi fiammeggianti che mi fecero capire che avrebbe volentieri usato un’altra parola; non è un fiore, è una grande cantante!

Lo zio fece scivolare il disco grande e nero fuori dalla custodia. Lo sistemò sul perno, in mezzo al piatto del grammofono, soffiò per togliere un granello di polvere, controllò la puntina e girò a lungo la manovella.

Calò il silenzio.

La macchina, attraverso la sua gola metallica, diffuse la voce della famosa cantante.

Della musica non ricordo nulla. E poco ricordo della voce della Callas. 

Ricordo invece con nostalgia la luce tremula che ondeggiava sui muri della stanza. Attorno ai lumi arrivarono presto le falene ed alcune grosse farfalle notturne. 

Nessuno fece loro caso, incantati dall’armonia che il grammofono dello zio aveva portato fin lassù, sul monte. 

Quando il canto si spense, tutti respirarono a fondo.

Che brava … che voce … che musica … arie stupende … dissero a turno.

A nanna, bambini … dissero infine le mamme. Tra un attimo spegniamo le luci.

Salii le scale tenendo in mano la bugia, il piccolo candeliere d’ottone col quale mi facevo luce fino alla stanza in cui dormivo.

Poco dopo mi raggiunse nel letto l’odore dello stoppino fumante dei lumi ad olio che avevano illuminato il salotto. L’ultimo sarebbe rimasto acceso per la mamma e per il papà. Qualche chiacchiera ancora, e poi sarebbe restato solo il buio, in casa; il chiaro della luna, fuori, nella corte.

L’odore degli stoppini fumiganti mi piaceva; era il segno del passaggio tra la sera e la notte. 

Il momento del sonno, e dei sogni.


Franco


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