Oleandro
Un anno maledetto, questo che da poco è giunto all’autunno.
Nel caldo soffocante della primavera e dell’estate, per mesi e mesi ci è mancata l’acqua.
Il giardino è giallo e bruno di alberi e di cespugli rinsecchiti. Mi sta regalando legna buona per l’inverno; ma il dono non mi dà alcuna gioia.
L’unica pianta che pare non aver risentito di questa follia del tempo è l’oleandro.
Tre piante coprono l’ingresso di casa. Sono cariche di fiori. È la seconda fioritura di quest’anno strano e terribile.
Mi rallegra, ma l’oleandro è specie di cui diffido.
Si racconta che i soldati di Napoleone siano morti a decine, avvelenati dalla carne che avevano cotto alla brace, in Egitto.
Brace di oleandro. Una delle specie più tossiche che esistano.
Non so se sia storia vera quella della strage dei soldati francesi.
Ma è sicuramente vero che Nerium oleander è specie velenosa.
Però è rustica, stupenda, generosa di fiori che incantano, che sanno donare fascino anche ai paesaggi più comuni, agli scorci più insignificanti.
Non riesco a decidermi: mi piace, mi stupisce, mi ammalia. Dovrei prendere l’oleandro ad esempio della forza, della resistenza, della capacità di difendersi dai predatori. Ed in più colora il paesaggio, e lo profuma. Anche due volte in un anno!
Sembra però che le api lo evitino: forse anche loro, per esperienza, diffidano di tanta bellezza.
Ma dai, quanti problemi! Prendiamo esempio dalle api, ed evitiamo di seguire la moda che si sta diffondendo in cucina: non mettiamo i fiori dell’oleandro nell’insalata!
Franco
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