Penne


La passione per le penne mi venne alle elementari.

In prima mi invaghii delle asticciole. Me ne avevano acquistata una bella grossa e colorata. Giusta per me da tenere tra le dita. Si impugnava bene ed era difficile che scivolasse di mano e cadesse per terra. 

A me, come a tutti i miei compagni, piaceva succhiare le asticciole. Succhiandola, e mordicchiandola coi denti, arrivai in fretta al legno, e, imitando i castori, cominciai a rosicchiare anche quello. 

Prima della fine dell’anno mi dovettero comperare altre due cannucce. Mi ero abituato: le volli sempre di legno, grosse e coloratissime. E molto saporite!


In seconda elementare la mia attenzione si spostò sui pennini. Divenni esperto delle loro forme, un vero dandy dell’eleganza in punta di penna! 

Si cominciò a fare a gara, in classe, a chi li aveva più leggeri, più snelli, più adatti a scrivere con tratto sottile. 

Il preferito da tutti era quello a forma di torre Eiffel. La torre garantiva la scrittura più elegante. In altri termini, la Francia dominava indiscussa nella moda, di cui parlavano alcune mamme, ma anche sui quaderni. Peccato che quel pennino avesse la punta delicatissima: si piegava molto in fretta anche solo scrivendo; figuriamoci se cadeva per terra. 

Per questo motivo il pennino Eiffel era adorato anche dal tabaccaio con bottega sotto casa nostra, che vendeva quaderni, matite e pennini praticamente a tutti i miei compagni di scuola. La sua collezione era sempre in mostra, in una scatola col coperchio di vetro. Una vetrina fornitissima a portata di scolari. 

Quanta voglia mi faceva quel tesoro!


All’inizio della terza elementare, il mio vicino di banco tolse dall’astuccio qualcosa di metallo, rosso violetto, dall’aria stupendamente moderna. Il maestro faticò a farci tornare al nostro posto: tutti volevamo vedere quella splendida novità … una penna stilografica. 

Quelle prime stilografiche erano a buon mercato, e così in pochi giorni ognuno di noi ne aveva una. Cambiava solo il colore. Tutte si caricavano con una pompetta e quasi subito si vuotavano, sia che la si usasse per scrivere sul quaderno, sia che la si tenesse nel taschino del grembiule. 

La mamma avrebbe preferito che la tenessi nell’astuccio: a farne sfoggio tenendola sul petto finivo per avere macchie d’inchiostro dappertutto, sui maglioni, sulle camicie, fino alle magliette della salute!


Nel torneo di tiro in porta, in quinta elementare, la mia classe giunse al primo posto. Ero felice ed eccitato per il risultato. Io ero stato eliminato al primo tiro: avevo mancato di un metro la porta avversaria. Quel che contava era però il risultato complessivo, aveva sempre sostenuto il maestro, grande sostenitore dei giochi di squadra. 

Mentre esultavo per i risultati della mia classe, il maestro mi guardò e disse: Franco, non farti bello con le penne altrui! Ci stetti malissimo: ma non ebbi la forza di ribattere che mai mi sarei pavoneggiato con le stilografiche dei miei compagni. Proprio mai!

Ero troppo timido, allora.


Franco


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