Sarpi


Carlo, mio cognato, era famoso: aveva scritto un testo di Letteratura italiana diffuso in tutto il paese. Non c’era studente delle superiori che non l’avesse studiato, sfogliato o sentito nominare. Insegnava a Cagliari, ma lo vedevo ogni anno quando saliva da noi per le vacanze. Aveva una sua visione del mondo, e della cultura, che proprio non collimava con quella del mio professore d’italiano, don Rino, anzi, monsignor Rino, che era un prete di buona caratura. Cercare di armonizzare le idee di Carlo con quelle di don Rino era impossibile, come mescolare l’acqua con l’olio. 

Carlo mi aveva regalato un mucchio di libri. Tra gli altri ricordo dei bellissimi volumetti di Natalino Sapegno, che allora era professore alla Sapienza ed era maestro di mio cognato. Divorai i libri di Sapegno in terza liceo, e me ne innamorai, sorvolando sul fatto che erano piuttosto di parte. A forza di leggerle, avevo mandato quasi a memoria alcune di quelle pagine. Fondamentali furono quelle dedicate a Paolo Sarpi; le citai a don Rino durante una interrogazione. Ricordo che ero felice della mia performance: in piedi, davanti ai miei compagni, praticamente tenevo una conferenza sulla grandezza del Sarpi, che esaltai per la sua libertà di pensiero, sostenuta contro gli ordini della Curia Romana e le pressioni dell’Inquisizione. Insomma, Sarpi era stato un eroe della cultura veneziana del cinquecento! Prete, letterato e scienziato, che mai aveva piegato il capo di fronte a nessuno. 

Finii nel silenzio assoluto dell’aula. Don Rino mi guardò, non sorrise come era solito fare coi “bravi”, e mi rimandò al posto senza alcun commento, se non un “ci vediamo dopo”. Mi suonò come una minaccia; roba da ragazzacci che si sfidano a botte … non lì, a scuola, ma lungo la strada, tornando verso casa. 

Il mio compagno di banco mi chiese sottovoce se ero diventato matto. Capii che il Sapegno avrei dovuto metterlo da parte. Il perché mi fu molto più chiaro a fine lezione. Don Rino fu lineare e lapidario: hai letto Sapegno, vero? Lascia perdere … studia solo sui libri che ti ho indicato io!

A differenza del Sarpi, io piegai il capo. 

Anche alla maturità, quando il grande veneziano in qualche modo fece capolino durante l’interrogazione. Lasciai perdere il Sapegno, e vidi don Rino sorridere alle spalle del commissario d’esame.

Raccontai tutto a Carlo, che rise divertito, lasciandomi a bocca aperta. 

Bravo, mi disse alla fine, qualche compromesso bisogna pur accettarlo nella vita! 

Si, proprio una lezione fondamentale. Fuori tempo massimo. 

Povero Sarpi, messo in quel modo all’angolo, al buio, lui che era stato definito da Fabrizio d’Acquapendente un immenso faro per la scienza, l’Oracolo del secolo!


Franco


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