Anelli


Ero andato in Croazia invitato da colleghi di Zagabria. Mi fecero grande festa; conservo alcune tavolette di legno su cui gli amici di là avevano inciso, con lo xilografo, scene dei boschi e degli alberi immensi dei luoghi che visitavamo, con le firme di tutti loro. 

Un sito mi colpì in modo particolare: i laghi di Plitvice. 

Sono ben conosciuti, perché sono una attrazione turistica per i visitatori di tutto il mondo. Cascate, laghetti color turchese, pareti strapiombanti di travertino, silenzio assoluto, lunghe passerelle di legno sospese sull’acqua, piccoli battelli col motore elettrico - e pensare che si era alla fine degli anni ’70 - e poi foreste vergini, quasi taciute in letteratura; tutto mi lasciò ammirato, senza fiato. 

Mi colpì anche un immenso tronco di Abete rosso, conservato su appositi cavalletti; una sua sezione trasversale era stata collocata all’altezza degli occhi dei visitatori. Con cura certosina qualcuno ne aveva contato gli anelli, segnando con precisione, e con rispetto del reperto, la sequenza degli anni di vita e di crescita dell’albero, dalla nascita fin allo schianto avvenuto molti anni prima della mia visita. 

Con grande astuzia, la lettura di quel calendario di legno rievocava eventi noti quasi a tutti, come la data della vittoria di Tito contro i Tedeschi e gli Italiani, l’assassinio dell’Arciduca d’Austria e l’inizio della Grande Guerra, la sconfitta di Napoleone a Waterloo, la battaglia di Lepanto, la scoperta dell’America, il sacco di Costantinopoli ad opera di Venezia e dei Crociati. 

Più o meno l’Abete era nato in quel periodo. Un rapido conto: aveva quasi ottocento anni di vita.

Son rimasto a lungo a riflettere su quelle date, sequenza degli eventi di cui l’Abete era stato lontano testimone. La fantasia volava, e mi trovai a pensare che quel legno si era formato con il carbonio respirato da grandi personaggi del passato. Molti di questi, certamente importanti per i Croati e per gli Jugoslavi di allora, a me erano del tutto sconosciuti. Ma tutti, come Napoleone, erano stati, ciascuno per la sua parte, figure immense per la storia del mondo o di quel Paese; eppure tutti sono stati piegati dagli anni e dalla morte. Quell’albero era invece sopravvissuto a tutte le loro vicende.

Sarebbe vissuta ancora molto a lungo la Sequoia abbattuta sulle Montagne Rocciose e portata per nave in Inghilterra. Un suo anello è esposto al British Museum, a Londra. Aveva 1300 anni, ed era perfettamente sana. Chissà se qualcuno, superato lo stupore per l’immensità del tronco, si sofferma a meditare sula morte di quella Sequoia, uccisa nell’800 a colpi di scure e di sega.

Un faggio, schiantato da una recente burrasca sui monti d’Alpago, ci ha donato una bellissima e grande ruota di legno, ora collocata all’ingresso della nostra Facoltà. È ben visibile da quanti desiderano scoprirne l’età e il senso. Purtroppo il tempo ha sbiadito il lavoro di chi ne ha contato gli anelli, che sono ben pochi rispetto a quelli dell’Abete di Plitvice e della Sequoia di Londra. 

Gli studenti vanno sempre di fretta: non c’è tempo per guardare, capire e pensare. 

I visitatori hanno da trovare la strada giusta nel labirinto di corridoi della Facoltà e dei Dipartimenti: entrano, danno una rapida occhiata senza fermarsi, continuano nel loro vagare.

Si sa, la storia può attendere.


Franco


Commenti

Post popolari in questo blog