Canapé


Siediti lì sul canapé fin che finisco di cucinare … mi diceva la mamma quando, d’estate, sul monte, in casa dei nonni,  mi vedeva gironzolare per casa irrequieto per la fame. 

Tutti lo chiamavano divano. Solo la mamma si ostinava con quella strana parola, che usava da bambina, quando frequentava la scuola francese, in Brasile. Le era rimasto il vezzo di impiegare alcune parole francesi che le sembravano, rispetto a quelle italiane, più raffinate ed eleganti. 

Allora obbedivo e mi sedevo nel salotto dei nonni a sfogliare i giornaletti scambiati con Dario o con Nilo, i miei compagni di gioco durante le estati passate in campagna. 

Mi sentivo privilegiato a passare il tempo su di un divano così importante da essere chiamato con un nome straniero. Ne studiavo anche la forma, i riccioli intagliati nel legno, e ne provavo le molle, che cigolavano, ma a me quel rumore sembrava un’armonia, la musica del tempo che passava accompagnandomi fino al pranzo, o alla cena.


Sul canapé si poteva stare anche in tre; io ero da solo, e allora mi sedevo nel mezzo, dove lo schienale era più alto e la seduta più profonda: posto da re, dove si faceva accomodare l’ospite più importante. Era il posto dove si sedevano le zie della corte quando venivano a chiacchierare con la mamma: loro si che erano importanti, con quelle case grandi ed eleganti in cui abitavano! 

Mi gonfiavo di orgoglio. Accarezzavo la stoffa con cui era rivestito. Era molto consumata, con qualche filo tirato qua e là, ma si vedevano bene i grandi fiori intessuti dai colori morbidi e delicati … Quel prato fiorito disegnato sul canapé mi prendeva gli occhi e mi faceva sognare. Mi ci stendevo aprendo le braccia. Sapeva di polvere, e di vecchio; me ne veniva una profonda delusione; poi però veniva il dispiacere, quando mi arrivava l’urlo della mamma: giù dal canapé, con quelle scarpacce … !

Rivedo ogni tanto il canapé, ora a casa di mio fratello, e provo nostalgia. 

Non è più rivestito di fiori, e non odora più di polvere e di vecchio. 

Peccato! Ho perso un legame con la mia infanzia, ma è comunque dolce venir trascinati via dai ricordi.


Franco



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