Chiampo


Il trenino per Chiampo sembrava fatto di legno. 

Solo le ruote erano di ferro: lo si vedeva, e se ne sentiva il rumore sui binari. Ma tutto il resto era di legno, di perline perfettamente incastrate l’una nell’altra. 

Di porte per salire in carrozza ce n’era una infinità: una per ogni coppia di sedili, che per altro erano anch’essi di legno, durissimi. Gli schienali si potevano spostare da una parte all’altra della seduta in modo che il passeggero fosse sempre rivolto in avanti, nel senso di marcia. 

Stare seduti su quei sedili era una sofferenza, tanto erano duri. Ma stare in piedi era ancora peggio, con gli scossoni continui che tormentavano i viaggiatori ad ogni giunzione dei binari. 

Lì ho imparato a contare in fretta: dum … dum …dum … uno … due …tre… Arrivato a cento dovevo ricominciare daccapo. Ma avrei potuto continuare all’infinito …

Facevo spesso il viaggio da Vicenza a Chiampo, con cambio ad Arzignano. 


La Gemma mi portava a casa sua, la domenica, quando aveva il suo giorno di libertà. 

Per me era un sogno: lassù ero libero anch’io, perché a Chiampo non poteva succedere nulla di male ad un bambino della mia età: quattro-sei anni, che io ricordi. Mi era concesso di andare ovunque, di curiosare, di toccare ogni cosa. Era un paradiso la corte della Gemma; ancora più bella di quella del nonno, sul monte, perché era tutta lastricata, aveva in mezzo il forno per il pane, e in un paio di cantoni anche l’acqua che zampillava nelle vasche per le vacche. 

L’acqua fresca e buona, la migliore per bere, si andava a prenderla alla pompa, giù, allo sbocco della strada dove abitava la famiglia della Gemma, la via Valleoscura … un nome che mi evocava montagne alte e difficili da salire, e boschi profondi e impenetrabili. È l’acqua di Recoaro, mi diceva la Gemma spingendo sulla leva della pompa da cui sgorgavano fiotti abbondanti, senti che buona. Ancora più buona è quella a casa di mia sorella, più su, dove la valle si apre. Ci siamo saliti qualche volta, a casa della Nina: c’era il sole lassù, e un panorama che si apriva fino a Montecchio, forse fino a Vicenza … 


Che ricordi, Gemma, che emozioni mi davano quei viaggi a casa tua, dalle tue sorelle, con le galline e le papere che entravano in cucina, e coi conigli che venivano a mangiarmi nelle mani, e l’orto grandissimo che scendeva fino al torrente. Ecco, proprio fino all’acqua non potevo andare, ma non importava, c’era il resto del mondo da esplorare, lì da te, e tutto era nuovo, tutto da scoprire …


Franco


Chiampo, 1950 




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