Cicchiolino


Era caduto lungo il camino, ed era finito nella canna fumaria della stufa.

Poteva essere un merlo, o un corvo, tanto era nero di fuliggine! 

Era, invece, un piccolo di passero, senza nemmeno una piuma. 

Ho lavorato a lungo per liberarlo dal buio inferno polveroso in cui era piombato.

Fu fortunato. Da noi trovò una famiglia.


Non so come ci siamo riusciti, ma con gli stuzzicadenti, il pane bagnato nel latte e con cento mosche che i ragazzi catturavano per lui, Cicchiolino s’è salvato.

Strano nome per un passero, ma gli è stato affibbiato con un referendum di famiglia, e così se l’è tenuto fin che è stato con noi.


Mi faceva compagnia quando lavoravo: io al computer, lui su di un trespolo di fortuna costruito a sua misura e appoggiato alla scrivania. Dormiva in una cestina foderata di bambagia, sistemata accanto al mio letto. Ma era di costumi spartani: ben presto alla bambagia preferì il bordo di vimini del cestino.


S’involò dal davanzale della finestra, e finì tra le rose: lo recuperai versando il mio sangue nell’impresa. Col secondo volo raggiunse la betulla, dieci metri più in là. 

Lì incontrò i suoi cugini: lo sentivo pigolare come fosse felice della sua nuova compagnia.

Però … quando mi vedeva uscire di casa col piattino del suo cibo e gli stuzzicadenti, in un attimo me lo trovavo sulla mano.


Le vacanze finirono, ed arrivò il giorno della partenza.

Lo chiamai, pensando di portarmelo a Padova.

Atterrò sul ciliegio, sopra di me, cinguettando. Alzai la mano, pensando che sarebbe venuto lì, sul palmo, come sempre aveva fatto. 

Aprì più volte le ali, cinguettò e se ne volò via, dai suoi veri compagni.


Ci restai male … fine di una amore? … così … 

C’era poco da capire; Cicchiolino aveva scelto di volare verso la libertà.


Franco





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