Hellas
Non parlava l’italiano. Solo qualche parola per procurarsi quanto serviva a sopravvivere.
Ma capiva quasi tutto, e a gesti sapeva rispondere.
I somari non avevano bisogno nemmeno di quello. Di erba ce n’era a volontà, e se ne andavano tranquilli, con poco peso nel basto, senza nemmeno essere tenuti per la cavezza.
Si era fermato un attimo, ad un passo da me. Guardava una mappa protetta in una busta di plastica.
Il Muson, il fiume che segnava l’antico limite romano tra est ed ovest della terra padovana, in quel punto si buttava nella Brenta, il Medoacus.
Forse il viandante si era fermato perché era indeciso se andare lungo la sponda settentrionale o quella meridionale del fiume. Di certo scendeva ad oriente.
Fu l’occasione per chiedergli da dove veniva. Con la mano mi indicò una direzione che mi fece intuire Bassano, e l’Altopiano.
Alemania, disse, usando una parola d’altri tempi.
Dove vai? Provai a chiedergli. Capì.
Histria … Hellas … e poi … concluse alzando le spalle. Significava “… poi vedremo”.
Sorrisi. Mi guardarono anche i somari.
Lui tirò fuori di tasca qualcosa. Me ne offrì. Feci cenno che non ne avevo bisogno.
Fu lui allora a sorridere. Spezzò quel pezzetto che sembrava una crosta di formaggio. Una parte in bocca, l’altra tornò in tasca.
Attendeva guardandomi. Capii che non aveva il coraggio di chiedere.
In tasca tenevo cinque euro in monete. Gliele offrii, e lo vidi felice.
Gli indicai la strada per il mare, e la Croazia.
Mi ringraziò e riprese il cammino. Lento, tranquillo. Aveva tutto il giorno davanti.
Un asino ragliò il suo saluto, e seguì la sua guida con calma, annusando l’aria, apparentemente felice.
Avevano tutto il mondo davanti. E la libertà.
Franco
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