… i coperchi
Avevo avuto una splendida idea.
Così marinammo in quattro: quel pomeriggio non andammo a lezione. Il corso proprio non ci entusiasmava.
Ci volle quasi un’ora, in macchina, per salire alla baita di due nostri amici, in mezzo ai prati, a ridosso delle pareti rosate dell’Antelao.
Lì c’era solo il silenzio, e lo sguardo si perdeva all’infinito facendoci desiderare di non tornare più al lavoro.
Finimmo col passare la notte lassù, in allegria, arrangiandoci con quel che avevamo portato con noi.
All’imbrunire prese a scrosciare fitta la pioggia, tra lampi e tuoni che evocavano il fronte della guerra di settanta anni prima. Un gusto accendere la stufa, e raccontarci storie al caldo e al chiarore del fuoco.
Il mattino dopo ci rendemmo conto che avevamo fatto i conti senza l’oste: avevamo i minuti contati e proprio non potevamo arrivare tardi a lezione.
Si dice anche che il diavolo fa le pentole, ma …
… ma l’automobile affondò fino ai mozzi in una pozza di fango, bianco come la strada che percorrevo con molta cautela.
Uno di noi scese d’un balzo per spingerla da dietro. Il fango lo inghiottì fino a mezzo polpaccio.
Ci salvò un gruppo di ragazzi della Protezione Civile che saliva a piedi, in esercitazione, cantando alle montagne e al sole nascente.
In un attimo, grazie alle corde che tutti portavano a tracolla, fummo liberati a forza di braccia.
Quella volta il diavolo fu gentile con noi: ci fornì anche i coperchi …
Franco
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