Mira


Nello studio del papà c’era una scatola di legno, lucidata a cera e lavorata con tale precisione che non si vedeva nemmeno una giuntura tra i pezzi con cui era stata costruita; doveva per forza contenere uno strumento molto prezioso. 

Ci avevo sbirciato dentro; c’era un cilindro d’ottone che pareva crepato, perché aveva sulla superficie curva quattro sottili fessure. Subito avevo pensato che una spada avesse colpito con forza il cilindro, trapassandolo da parte a parte. Sul fondo dello strumento c’era una vite. “Serve a fissarlo sul treppiede”, mi disse una volta il papà  mentre con attenzione stava sistemando lo strumento nella sua scatola. “Si avvita lì’” - mi mostrò un cavalletto di legno, con le zampe scorrevoli bloccate da morsetti. “Qua invece c’è la bussola, per l’orientamento, e la bolla; - il papà mi indicò l’altra faccia del cilindro - la bolla serve a sistemare l’apparecchio perfettamente orizzontale”. 

Non ci capii molto, ma la bolla cui si riferiva il papà era qualcosa che sembrava viva e difficile da domare, perché si muoveva in continuazione, pur essendo prigioniera dentro una lente di vetro, che sembrava il vetro di un orologio da donna. Poi era verde! Mai visto né un orologio, né una bolla di quel colore. Forse erano così quelle prigioniere … le bolle di sapone, che si sa, sono libere, ero certo che avessero tutti i colori. 

“Guarda qua - riprese a dirmi il papà mostrandomi una delle quattro fessure - vedi? C’è dentro un capello sottilissimo … è una mira, e quando guardando questa mira vedi che si sovrappone a quella che c’è sull’altra fessura, individui con precisione la linea retta. Puoi segnarla sul terreno piantando in ordine, una dietro l’altra, quelle paline”. Col dito mi indicava lunghe aste colorate di bianco e di rosso che stavano appoggiate al muro, legate con cinghie di stoffa. 

Mi illuminai. Stavo guardando un fascio di lance con la punta d’acciaio. Capii subito che il papà ci sapeva fare non solo con la spada, quella appesa al muro, in alto e per me irraggiungibile, ma sapeva scagliare anche la lancia. Era proprio un guerriero, capace di tirare dritto e lontano, grazie a quello strumento lì … come si chiamava? Glielo chiesi. Squadro, mi rispose. Restai un po’ deluso. Mi ricordava troppo la scuola, con le matite, i righelli e le squadre del maestro. 

Squadro agrimensorio … - aveva ripreso a dire il papà - lo usavano anche gli antichi romani per delimitare con assoluta precisione i campi …” 

Beh, questa poi non la sapevo; i campi di battaglia venivano delimitati in maniera perfetta … tirando i confini coi capelli per prendere giusta la mira. 

Quante cose conosceva il mio papà!


Franco


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