Orgosolo 


Qualche anno prima mi ero regalato un coltellino da innesto

Per me era strano e stupendo. Lo avevo pagato un occhio, in una bottega che passava per essere la migliore di Padova.

Lo avevo comperato per cercare gli scolitidi sotto la corteccia degli alberi abbattuti; me l’aveva suggerito il professore di Entomologia.

Lo custodivo con cura e con attenzione, con la lama sempre pulita, lucida e tagliente. Ma in un attimo di distrazione l’ho perduto in Sardegna. Accadde in uno dei primi giorni della nuova campagna di ricerca al Supramonte, sopra Orgosolo. 

Ero avvilito per la perdita: ma in quella foresta, dove era difficile camminare senza indossare gli schinieri di cuoio come i guerrieri d’altri tempi, per trovare un coltellino tra i rovi ci sarebbe voluto un miracolo. 

Mi sono chiesto se sant’Antonio avesse competenze fin là, fuori dal Continente, così lontano da casa …


Si, le aveva … non avrei dovuto dubitare del Santo: mi riportarono il coltellino l’indomani, lasciandolo alla caserma dei forestali.

Il perché me lo spiegò zio Arca, il più anziano e il più esperto dei custodi della grande foresta. 

Vale nulla! Roba da continentali, disse, intonando la voce al massimo del disprezzo per quella roba lì, stampata in acciaio inox, degno di gente senz’arte né parte!

Se fosse stato un buon coltello, se lo sarebbero tenuto, continuò a dire zio Arca. 

Forse era il suo modo di farmi capire che anche tra i Sardi non c’erano solo santi.


Io invece per un poco ho anche pensato che mi avessero preso in simpatia i folletti della foresta; quelli che, dal primo giorno passato lassù, fuori dal mondo, in mezzo al nulla, avevo sentito insistentemente frusciare intorno a me, senza però mai riuscire a scorgerne uno.


Franco


 

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