Tempo


Lo confesso. Mi innamoro facilmente, e mi piace collezionare gli oggetti delle mie passioni.

Così ho accumulato, in bella vista e raccolte in vassoi, centinaia di uova di pietra, ed ho pareti tappezzate da mappe storiche del Veneto. In garage tengo, in gran confusione, attrezzi che farebbero gola ad un meccanico, mentre in studio ho il tavolo occupato da strumenti da topografo di due o tre secoli fa e da dozzine di penne, matite e asticciole. 

Se non bastasse, anche dal Canada mio figlio mi canzona ricordandomi che in casa ho più computer che mani … Ha ragione, ma quelli proprio non riesco a buttarli, a fine carriera. Ci ho passato troppo tempo insieme per gettarli solo perché sono vecchietti. 


Il meglio della mia mania sono però gli orologi. 

Che meraviglia gli orologi!

Sono costruiti per misurare qualcosa che fisicamente non ha una definizione precisa: il tempo. Tranquilli: non posso, e non voglio, scivolare nella filosofia. Sarebbe da pazzi cimentarsi intorno alle architetture mentali che l’umanità s’è data per cercare di comprendere quanto ci circonda. Essere e divenire … dio mio … come ho odiato a scuola questi termini … mi facevano impazzire.

Eppure noi viviamo giocando con la parola tempo, che misuriamo con precisione sempre maggiore, spaccandolo in unità piccolissime, assurdamente piccole per la nostra ragione, ma fondamentali per spiegare la natura del nostro mondo. Oppure lo esprimiamo con unità così grandi da non riuscire spesso a capire cosa significhi il numero che otteniamo. Dal picosecondo, ma si impiegano tempi ancora più piccoli, fino ai miliardi d’anni, anni luce poi, … un bel salto, che va dal divenire di una reazione fisica, o chimica, all’età presunta del nostro universo, stimata attraverso il tempo che la luce sprigionata dagli eventi più lontani da noi impiega per raggiungerci.

Meglio il tic tac di un orologio, come la vecchia cipolla da ferroviere tedesco, o quella militare americana costruita più di un secolo fa, e che ancora funzionano e mi regalano la cadenza dei secondi con la loro voce metallica e col movimento delle lancette. 

Ecco, è tutto lì lo scorrere del tempo, e il fluire della nostra vita. Semplicissimo. 

Al muro del salotto è invece appesa la pendola regolatrice della bisnonna. Canta ad ogni ora, inviando a tutta la casa rintocchi melodiosi che amo ascoltare, e contare, soprattutto al mattino quando devo decidere se alzarmi, oppure restare a poltrire nel letto ancora per un poco. 

Questo è il mio tempo, quello che capisco senza esitazione, senza alcun ragionamento che odori di filosofia o di finissima scienza.

Il mio è un tempo grossolano, meccanico, spesso approssimato … ma va bene così.

 

Franco







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