Canna
Lucio mi aveva invitato ad andare a pesca.
Non sapevo nemmeno cosa significasse pescare, ma mi parve una buona idea.
Si andò al fiume in bicicletta; mezz’ora di pedalata, con zaino in spalla, l’attrezzatura legata sulla canna delle bici e il cestino sistemato sul manubrio. Riuscimmo a fare un miracolo di equilibrio, a pedalare con le gambe larghe, la schiena piegata allo spasimo per stringere il manubrio mentre ad ogni colpo di pedale lo zaino scivolava di qua e di là a causa delle cento buche che rendevano un trabocchetto la strada di campagna, sistemata alla meno peggio per rispetto verso il portalettere e, non si sa mai, per il medico condotto.
Non ho grandi ricordi di quell’esperienza. Ma alcuni momenti mi sono rimasti scolpiti nella memoria. Il primo: lo schifo provato a recuperare vermi da un cumulo di erbe putrescenti. Lucio scavava col coltello e diceva “eccolo lì, svelto, nel barattolo”. Il verme si torceva tra le dita e mi faceva pena pensando al suo destino. Che poi era la seconda cosa che ricordo benissimo: il tentativo di infilare l’amo in quella creatura viscida e scivolosa, che poi finiva buttata in acqua, nel mezzo del fiume.
In mezzo al fiume ci finii anch’io, verso le dieci del mattino, quando Lucio stabilì che era necessario attraversarlo per continuare a pescare nelle migliori condizioni di luce. Scivolai, e mi trovai seduto sul fondo sassoso, con l’acqua che mi arrivava all’ombelico. Urlai per il freddo, e per la vergogna.
Passai così mezza giornata coi vestiti e le mutande stesi al sole. Mi vergognavo anche al pensiero di essere nelle stesse condizioni dei vermi che buttavo in acqua infilati nell’amo. Lucio se ne accorse e risolse il problema nell’unico modo possibile: tutti e due nudi, seduti nell’erba, in mezzo al nulla che faceva da sponda al fiume.
Non ricordo nemmeno se catturammo qualche pesce.
Ricordo però benissimo gli urli della mamma, che volle capire perché avessi addosso tutte cose bagnate, comprese le scarpe nuove, Superga, da ginnastica.
Non fu però l’ultima volta che andai a pesca con Lucio. Con la mamma ci mise una buona parola mio fratello Nando, e soprattutto il papà, che mi regalò anche una canna da pesca tutta mia.
Franco
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