Carta crespa


Si va dal 1885 al 1905. Vent’anni. Venti racconti.

Stampati sulla cosiddetta carta crespa, che imita il tessuto. 

Tessuto giapponese, perché questi racconti vennero composti, disegnati e pubblicati in Giappone, a Tokyo. 

Fogli lunghi, e poi ripiegati a soffietto alla dimensione della pagina, legati con filo di seta, a punti incrociati.

Il formato è proprio piccolo, maneggevole nel vero senso della parola. 

Il testo è scritto con un linguaggio freschissimo, attuale. Gli argomenti sono esotici, ed anche per questo la lettura è piacevole, trascinata dalla curiosità. 

I disegni si fanno subito notare per la precisione del tratto, l’accuratezza delle scene, la grazia dei colori, tenui, delicati. Insomma, sono vere opere d’arte. E come tali hanno subito incontrato il favore del mondo occidentale. 

Andarono a ruba, in tutta Europa e negli Stati Uniti, tradotti nelle lingue nazionali, compreso lo svedese. 

Fu un grande successo della cultura orientale.

Questi volumetti furono i primi prodotti giapponesi ad invadere i mercati occidentali. 


Ottima intuizione di Takejiro Hasegawa, editore e autore dei racconti, che li trasse dalle antiche tradizioni della sua terra. Ma ancor più il merito del successo dell’impresa si deve a Kobayashi Eitaku, autore delle xilografie. 

Cinque anni dopo la sua morte, Eitaku, assieme a Hasegawa, ricevette la medaglia d'oro all'Esposizione universale di Parigi del 1900 per le sue xilografie a colori “di alto valore artistico”.


Ben accorto, il nonno Orazio ne acquistò due esemplari, in francese, per la sua collezione d’arte orientale prima che il premio parigino sancisse universalmente il valore di queste opere.


Franco




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