Harlechino


Insomma, si continua a discuterne. 

Ogni volta che si guarda quell’opera, che Murer ha intitolato Arlecchini, si finisce col confrontarci su quella compagnia di ragazzi. Buoni o malandrini?

Non mancano mai gli argomenti. Ci sono secoli e secoli di giudizi sulla qualità morale di Arlecchino, ed un motivo ci deve pur essere se questa maschera genera contrasti, non solo tra di noi.

Noi, in verità, quasi mai siamo andati a fondo della questione. Ci siamo sempre limitati all’aspetto di Arlecchino, ai nostri ricordi d’infanzia, ai burattini del teatrino, alle maschere che ci piaceva indossare; qualche volta siamo arrivati a citare Carlo Goldoni, recuperandolo dai ricordi delle prime trasmissioni in TV, a qualche lettura fatta ai tempi del liceo, con una insicura puntata, molto vaga, alla comédie française.

Chiacchiere, insomma. 

Ne ho già scritto sul blog. Ma è stato come soffiare sul fuoco. In una nuova discussione ho ricordato che il nostro personaggio furoreggiava sulle scene teatrali del ‘5-‘600. Era nato in Lombardia, dove Arlecchino era diventato famoso sui teatri di Bergamo e di Milano, e di lì era passato in Spagna e poi in Francia, dove aveva spopolato per un paio di secoli. Era un bel personaggio da interpretare, spiritoso, gagliardo, ma anche imbroglione, diabolico nella sua capacità di ingannare la gente. E gli spettatori si divertivano, ridevano e pagavano volentieri per assistere agli spettacoli.


Guarda che ne tratta anche Dante, e per quanto scrive avresti anche ragione, mi ha controbattuto, ma stai sbagliando personaggio: diabolico non è Arlecchino, ma Alichino, il demonio delle Malebolge … non ricordi? Vai a rileggerti l’Inferno!

Ci sono stato malissimo. 

Ero scivolato su di una topica grossolana, davvero! Ma ho poi scoperto che non c’è errore; Dante ha italianizzato il nome di Harlechino, Harlequin in francese, un demone riconosciuto dalla Chiesa dell’epoca e raffigurato come un gigante cornuto che conduce per il mondo le anime dell’Inferno, dannate a non avere mai riposo. 

Harlechino veniva da tempi ben più antichi, essendo personaggio di una pagana convinzione rurale: i Romani infatti imputavano a questo demone ipogeo la colpa dei raccolti modesti, delle estati siccitose, degli inverni gelidi e prolungati. 

Sempre dispetti erano, non ragazzate. Erano scherzi di una natura matrigna.


Dai, dammi ragione! Ho cercato di chiudere un nuovo battibecco … sempre di malandrini si tratta, anche se è evidente che questi nostri Arlecchini non hanno alcun corno sulla fronte. 

Non sono demoni … sono ragazzi, allegri, giocosi, ma … certamente un po’ discoli. 

Si … so’ ragazzi … lo dicono ancora oggi, forse come dicevano allora, sempre dalle parti di Roma! 

Fermiamoci qui, e dimentichiamo il demone che si nasconde sotto quelle pezze da maschera.


Franco

Alichino. Le Malebolge (Doré)





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