Bigòlo


Da noi il bigòlo stava appoggiato al muro della cantina, cioè della caneva, come si diceva sul monte. Le secchie venivano sistemate sopra l’acquaio, da noi detto seciàro proprio perché stava sotto le secchie. Lì c’era l’acqua usata per bere, per cucinare, per lavare i piatti.

Quando l’acqua finiva, bisognava andare alla fontana per riempirle. Si andava inforcando sulle spalle il bigòlo, il legno ricurvo, coi ganci di ferro avvitati agli estremi, su cui si sistemavano le secchie.

Eccolo qua, il bigòlo, immortalato in una foto della corte dei nonni scattata dopo la metà ‘800. Lo regge una donna; le secchie sembrano di rame. Metallo antisettico!

Facile dire prendere l’acqua. Molto meno facile era farlo bene! Il perché è presto spiegato …

Da casa nostra alla fontana … circa cinquanta passi.

Una secchia … circa dieci litri d’acqua, con due secchie si arriva a portare sulle spalle venti chili di peso.

Strada bianca e sassosa, in discesa per arrivare alla fonte, in salita per tornare a casa, col bigòlo sulla schiena e venti chili da reggere in equilibrio sul collo. Provate, se ne avrete l’occasione (ormai è quasi impossibile!): le secchie ondeggiano ad ogni passo, e se oscillano troppo ne esce l’acqua. Per altro, gocciolava sempre sui piedi, cioè sulle scarpe, che si bagnavano. Acqua e polvere danno fango, cioè sporco, da non portare dentro casa, ma da pulire. L’ideale, per le mamme, era pulirsi subito i piedi e le gambe alla fontana, sotto l’acqua. Doppio viaggio, e doppia fatica!

I bambini non erano esentati dal servizio. Portavano solo mezzo carico. Ma potevano ripetere la strada per riempire le secchie col doppio trasporto. 

Noi eravamo fortunati! Il mio amico Nilo di strada ne aveva da fare molta di più, almeno trecento passi, forse quattrocento. Un bel pezzo in salita; una fatica terribile.

Stessa distanza la copriva Anna, la bimba che abitava sul monte sopra casa nostra; anche lei veniva alla fontana percorrendo il cammino in discesa; il carico però lo portava in salita, che era erta, dura davvero. Per non perdere acqua, metteva sulle secchie delle frasche di castagno. Non serviva quasi a nulla, ma è impossibile combattere contro le consuetudini.

Si è sempre fatto così. Fino a quando non hanno costruito l’acquedotto, negli anni ’60. 

Allora abbiamo avuto l’acqua corrente, e la doccia. Ma per bere siamo sempre andati alla fontana con la caraffa. Quella era l’acqua più fresca; la migliore del mondo!


Franco












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