Bosco
I miei appunti possono servire per giorni e giorni di racconti. Finirò col fare confusione col calendario e, soprattutto, non manterrò la promessa: in Canada solo giochi coi nipotini!
Però … però è piacevole condividere le esperienze, come quella vissuta con Fabio e Alex, nel parco che sta sulla cima del monte, sopra Westmount.
È una foresta fitta di alberi a volte vecchissimi, ed enormi.
Tra questi alberi mi muovo con rispetto, affondando nella neve, a volte seguendo le tracce lasciate da qualcuno che mi ha preceduto, altre volte aprendo la mia pista, con la neve che scrocchia sotto i piedi. Ci sono solo le nostre voci a spezzare il silenzio, che è fatto anche dal fruscio dei fiocchi sui giacconi.
Solo ogni tanto avverto il rumore di altri passi: qualcuno sta portando a spasso il cane; il parco è destinato ai cani, mi dice Fabio. In quel momento tre o quattro Huskies silenziosi ci sono corsi incontro, ci hanno annusato le scarpe e le mani, e se ne sono volati via rincorrendosi e rotolando nella neve.
Si contano a dozzine, i cani, quassù; sono liberi e felici, amichevoli con tutti, e pare che si conoscano da una vita quando si incontrano e si salutano a modo loro.
Mi sento felice, ed emozionato. Sembra tutto così naturale in questo posto immenso, regno del gelo e della neve. Noto che alcuni alberi sono segnati con spruzzi di vernice di diverso colore. Lì studio con attenzione: quelli segnati hanno tutti bisogno di interventi, come un ramo da recidere per prevenirne la caduta, oppure perché hanno il fusto cariato, fragile e pericolante. Vedo anche due alberelli che crescono addossati l’uno all’altro; è stato segnato il più debole, storto, forse già deperente: resterà quello più robusto, che dà maggiori garanzie di successo nella vita. Gli sorrido: diventerai la meraviglia di questa foresta … gli auguro.
Ora cammino ammirando gli alberi: guardo, studio, approvo. Ci sono bravi forestali-giardinieri qua in Canada.
Insomma, il mestiere non è poi così diverso qua in Quebec e là da noi, a seimila chilometri di distanza.
Ecco quello che cercavo: ci sono anche alberi morenti, o già morti, ma lasciati al loro posto, alcuni dritti, in piedi, altri a terra crollati sotto il peso della neve o la spinta del vento. Hanno ancora un compito: offrire ospitalità a migliaia di altri organismi, funghi, muschi, insetti, uccellini che vi scavano il nido, forse anche scoiattoli, ghiri e chissà cosa altro.
Anche da noi si fa così, da qualche parte … . Ma qui c’è qualcosa di differente.
Cammino nella neve per altri due o trecento metri e lo vedo: c’è la città … , immensa, che scende verso il fiume lontano, il San Lorenzo, che ora è nascosto dalla neve che cade fitta fitta. Le case restano a distanza da quel paradiso. La gente vi entra in silenzio, con rispetto. Non è un giardino per giocarvi: è il luogo della natura, dove meditare, imparare.
Per terra non c’è un rifiuto, ed anche in mezzo agli alberi, sulla neve, chi porta a spasso il suo cane, nel caso ve ne sia il bisogno, si ferma e, col sacchettino, fa subito pulizia.
La natura la merita; siamo noi ad averne bisogno, non viceversa.
Franco
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