Costumi
Si andava spesso su quell’isolotto, perché lì il mare era una meraviglia.
Scogli che precipitavano nell’acqua, azzurra anche in profondità, coi pini che davano ombra fino ai frangenti. Un sentiero correva lungo la costa, così che si poteva scegliere con comodità dove scendere a fare il bagno. Non facevamo troppo caso agli altri bagnanti, spesso privi di … costume. Quelli stavano a rosolare al sole, stesi sugli scogli come polpette istriane da cuocere alla piastra.
Noi invece ci sistemavamo sempre sotto ai pini, nell’ombra profumata di resina, e leggevamo stando comodi sui lettini, cullati dal fruscio della risacca.
Restavamo spesso lì anche a mangiare, sbocconcellando i panini portati dall’albergo.
Solo allora ci si trovava circondati da commensali inattesi, che comunque ostentavano sgargianti costumi.
In genere erano mamme coi piccoli; quelle erano molto guardinghe, anzi, sul principio erano attente ad ogni brusco movimento, ma poi si facevano decisamente confidenti, forse anche troppo. Venivano a toccarci le gambe, o le braccia, per chiedere una parte del nostro cibo; ci si sentiva senza cuore se si fingeva di non accorgerci della loro presenza. I piccoli, invece, non temevano nulla, e saltavano fin sulle mani a servirsi di pezzetti di pane, o di biscotti.
Fagiani e gabbiani … una strana accoppiata di questuanti.
C’era una sorta di condominio su quell’isola, coi nidi accostati, a distanza appena sufficiente per non dover discutere a colpi di becco per avere un minimo di privacy.
Una meraviglia anche quella convivenza, affascinante come il mare, che spesso si poteva toccare allungando appena le gambe mentre ci si stirava scendendo dal lettino.
Un sogno da rivivere, soprattutto oggi, che fuori infuria la tramontana, con scrosci rabbiosi e gelidi di pioggia. Sicuramente nessuno ora uscirebbe senza costume.
Franco
Commenti
Posta un commento