Fuorilegge


C’è parecchia neve fresca. Oddio, saranno dieci centimetri più di ieri, ma per quell’esserino sono come due metri per noi! 


No, ricominciamo daccapo …


A casa sono solo: tutti gli altri sono andati a far compere in città. 

Son contento d’essere solo: c’è silenzio, posso leggere e posso rileggere i miei appunti. 

Qualcosa si muove, in giardino. È lo scoiattolo di ieri, uno dei due che ci guardavano dalla finestra. È in mezzo alla neve. Si guarda intorno. Penso che non riconosca il paesaggio, ma subito dopo capisco la mia cavolata; quella è casa sua, di sicuro ne conosce ogni cantone. Poi si tuffa, letteralmente, nella neve fresca. Resta fuori solo la coda, grigia con due vistose righe bianche laterali. Torna fuori con la testa, forse per controllare la situazione. Sembra che mi guardi ... io sto immobile. Si rituffa e due secondi dopo torna fuori. Stavolta non mi guarda, ma con le zampine si pulisce i baffi e le orecchie, bianchi di neve. 

Va avanti così per qualche minuto, esplorando sotto la neve una striscia di giardino lungo lo steccato che lo divide da quello del vicino. Avrà trovato qualcosa per colazione? Continuo a chiedermelo, mentre quello si immerge e poi riemerge carico di neve e, penso, tremante per il gelo. Il meteo sul cellulare mi informa che a Westmount sono dodici gradi sotto zero. 


Nella testa sento Fabio che mi dice: … è proibito … sono come topi … 

Guardo quel topino infreddolito, e opto per la disobbedienza civile e per l’anarchia. In dispensa c’è un tozzo di pane secco, molto secco e molto duro. Hai denti buoni, vero? Chiedo idealmente alla coda grigia e bianca che spunta dalla neve. Si, è la risposta dei baffi carichi di gelo. Gelo anch’io quando socchiudo la porta-finestra e butto il pane nella neve. 

Toh … mangia. Dico ad alta voce. Lo scoiattolo, quebecois, capisce l’italiano, e quando chiudo la porta è già lì, in pochi balzi, nella neve, che è alta come lui, in cui è caduto il pane. 

Lo recupera, mi guarda, e subito lo rosicchia tenendo il tozzo tra le zampette.

Ciao, gli dico. Lo saluto con la mano e lo lascio tranquillo. Forse anche sazio. O almeno sfamato.

Mi siedo a leggere, e mi sento Robin Hood. No, quello era inglese, qua in Quebec non ci starebbe bene. 

Beh, non ha importanza … sono comunque un fuorilegge!

E ne sono felice.


Franco



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