Ghiaccio

Sono fortunato! Montreal mi sta mostrando tutte le sue facce.

Dopo la neve della notte e la pioggia del mattino, ora le strade sono percorse da un vento gelido, che pare venire direttamente dal polo. La temperatura è precipitata a meno quindici, e i marciapiedi si sono trasformati in lastre di ghiaccio. 

Con grande piacere sperimento guanti e scarpe, ma alzo anche il cappuccio del giaccone, che mi ha regalato Francesco un anno fa. Splendido anche quello, non lascia passare un soffio d’aria, nonostante il vento sia così teso da rendere difficile camminarci contro, o di traverso. 

Arriviamo allo stadio del ghiaccio di Notre Dame de Grace, acronimo NDG, come il logo che i miei nipotini portano con orgoglio sul berretto della loro squadra, di hockey, ovviamente, non di calcio. Sarebbe stato più appropriato riportare sul cartello un nome diverso: Notre Dame de Glace, più aderente al meteo di oggi. Ghiaccio dentro, ma soprattutto ghiaccio fuori, trasparente, invisibile, insidioso. Col vento che ti investe ti ci sposti sopra senza nemmeno muovere le gambe. 

Invece sul ghiaccio che sta dentro si allena il mio nipotino, Leo. 

Che emozione vedergli sistemare addosso la corazza, di plastica ovviamente, ma con ginocchiere, paragomiti, schinieri, braghe e maglia imbottite, per non farsi male negli scontri. Splendido anche il casco, che sembra un elmo con tanto di protezione d’acciaio per gli occhi, il naso e le labbra. Anche i guanti sono corazzati e la stecca che tiene in mano sembra una spada, un’arma micidiale con cui sconfiggere l’esercito avversario. 

Proprio un guerriero. Il suo papà dice che non combatte … è un po’ distratto, pattina bene, elegantemente, ma sembra che stia rincorrendo farfalle con la reticella da entomologo. 

Ora si sta allenando, però, e si impegna a rincorrere e a conquistare il disco da hockey, il puck; di sicuro imparerà anche a centrare con forza e con velocità di movimenti la porta avversaria.

A me va bene così, e ne sono orgogliosissimo.

Franco