Impressioni 2
Leggo i miei appunti di viaggio. Non dicono molto: non accade nulla in un aereo se i motori fanno il loro dovere e se non ci sono strani passeggeri dall’aspetto inquietante. L’unica apprensione mi è venuta dalle parole del cardiologo: non stia fermo per le otto ore del volo … si muova, tenga attivi gambe e cuore.
Tutto il resto è stato quasi noioso. I dati sul volo comparivano su di uno schermo sistemato proprio davanti a me: ogni cinque minuti comparivano informazioni aggiornate, come: 11200 metri di quota, velocità al suolo 960 km/h, distanza dal punto d’arrivo …, ora all’arrivo. Poi ci informavano sullo stato del cielo, sulla temperatura a Montreal, sulle previsioni del tempo per il giorno dopo …
Ci si stufa a leggere e rileggere le stesse cose, con pochi cambiamenti. Così ho guardato un film sul tablet collegato alla poltrona, un film d’azione che avevo già visto molti anni fa. Lei ha preferito una commedia in costume anni ‘20. Ci hanno servito la cena; non male il menù, anche se non aveva nulla da spartire con la nouvelle cuisine. Soprattutto non era previsto lo champagne, solo acqua, e qualche bibita; mi hanno più volte riempito il bicchiere di coca cola … uno schiaffo alla Francia, mi è venuto da dire. L’hostess non deve aver gradito la battuta, ma non ha ribattuto.
Dopo cena mi sono sfilato le scarpe ed ho infilato i calzini offerti dalla compagnia assieme ad altri gadget, una mascherina per gli occhi, ai tappi per le orecchie ed altro ancora.
Non sono riuscito a rilassarmi, nemmeno col tepore dalla coperta offerta da Airfrance. Devo essere l’eccezione alla regola che sostiene che i vecchietti dormicchiano in continuazione.
Mi sono alzato più volte per tentare qualche passo lungo il corridoio. Il sonno non è venuto: sentivo i motori, la vibrazione dell’aria contro le ali e la fusoliera, qualche scossa un po’ più forte, tutta la precarietà dell’essere uccello senz’ali proprie.
Sono tornato a consultare lo schermo coi dati sul viaggio.
Ci siamo. Ancora un’ora, mille chilometri, e voliamo sul San Lorenzo, il grande fiume che attraversa Montreal. Mi devo fidare: è notte e dal finestrino non si scorge nessuna luce, di sotto. Chissà com’è il panorama? Non lo saprò mai. È un cruccio che mi porterò dentro: anche il ritorno avverrà col buio.
Abbiamo attraversato l’oceano in sole sei ore e mezza. Velocissimi.
Non vedo l’ora di dire a Fabio. “siamo qua”.
Di sicuro sarà emozionato anche lui.
Franco
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