Ragazze Mi piaceva da impazzire. Aveva diciassette anni, forse diciotto, capelli lunghi fino alle spalle ed occhi neri, che sembravano animati da lampi di luce: carboni accesi. Stava spesso nella guardiola del portiere, a casa di Isa, a Cagliari, e mi sorrideva sempre quando passavo. Servono dieci lire per l’ascensore, mi diceva, se non ne hai eccotene qua … Me la trovavo accanto, e ne sentivo il profumo. Mi turbava. Ogni tanto ci pensavo … Pensieri miei, che custodivo gelosamente, specie lì a Cagliari, dove ero sceso dopo la maturità. Un mese intero di vacanza, libero, ospite di mia sorella. Un giorno sentii parlare Isa con la ragazza della portineria. Quasi bisbigliava, e usava anche qualche parola sarda. Lascialo stare - le diceva - … è poco più di un bambino, non te ne accorgi? Parlava di me. In un attimo tutta la mia autostima da neo-studente d’Università evaporò nell’aria rovente della Sardegna. Quella sera nemmeno partecipai al coro di canti ri...
Più vivo che morto Sono morto giusto sei anni fa, più o meno verso le tre del mattino del ventinove gennaio. Una bella boutade , di sicuro effetto! Quando la dico, per qualche istante quasi tutti restano spaesati. Poi immancabilmente ridono, e mi rimproverano: ma dai … puoi fare battute migliori! Io faccio spallucce, e sorrido. È una buona occasione per raccontare di Carlo, mio cognato, che di chirurgia se ne intendeva. Più volte, cenando insieme, aveva affrontato questioni di tecnica e di etica medica. Ricordando le sue parole, oggi posso a buona ragione sostenere che io sono la dimostrazione che i miracoli si possono fare: insomma, sono come Lazzaro, morto e resuscitato! Una di quelle cene s’era fatta al tempo dei primi trapianti di cuore. Già allora c’era qualcuno che sosteneva che non si poteva cavare il cuore a qualcuno per sistemarlo nel petto di qualcun altro. Così si uccide il donatore! - sostenevano i “ no-trapianti di cuore ”. Carlo mi spie...
Scrivere Scambio spesso qualche pensiero con Michele. In chat . Michele mi stuzzica; è intrigante. I suoi messaggi lasciano sempre il segno, mi toccano profondamente; Michele sa usare le parole. Qualche giorno fa mi ha inviato una pagina di giornale col breve racconto di uno scrittore affermato; l’intento dichiarato dal giornale è quello di suscitare l’interesse dei lettori per la lingua italiana e l’abilità con cui gli scrittori maneggiano le parole. Il racconto è di Paolo Rumiz. Adoro Rumiz, e Michele lo sa. Credo d’aver letto tutti i suoi libri, gustando parola dopo parola, con ammirazione per il suo vocabolario raffinato e la limpidezza del pensiero. Quando, raggiunta la pensione, per impiegare il mio tempo, ho pensato di scrivere qualche pagina di ricordi, Rumiz m’è tornato in mente mille volte; e scuoteva sempre il capo per farmi intendere la sua perplessità sulle mie pagine. Maestro severo, Paolo Rumiz, e può ben esserlo visto che, proprio in questi giorni, h...
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