Ragazze Mi piaceva da impazzire. Aveva diciassette anni, forse diciotto, capelli lunghi fino alle spalle ed occhi neri, che sembravano animati da lampi di luce: carboni accesi. Stava spesso nella guardiola del portiere, a casa di Isa, a Cagliari, e mi sorrideva sempre quando passavo. Servono dieci lire per l’ascensore, mi diceva, se non ne hai eccotene qua … Me la trovavo accanto, e ne sentivo il profumo. Mi turbava. Ogni tanto ci pensavo … Pensieri miei, che custodivo gelosamente, specie lì a Cagliari, dove ero sceso dopo la maturità. Un mese intero di vacanza, libero, ospite di mia sorella. Un giorno sentii parlare Isa con la ragazza della portineria. Quasi bisbigliava, e usava anche qualche parola sarda. Lascialo stare - le diceva - … è poco più di un bambino, non te ne accorgi? Parlava di me. In un attimo tutta la mia autostima da neo-studente d’Università evaporò nell’aria rovente della Sardegna. Quella sera nemmeno partecipai al coro di canti rivoluzionari intonati da Carlo
Alfetta Quell’anno, il 1950, l’Alfa Romeo vinse il campionato del mondo di Formula 1 col modello 158, la prima Alfetta , pilotata da Manuel Fangio,. L’Italia esplose di gioia: l’Alfa aveva riscattato la dolorosa sconfitta di guerra. Per esaltare degnamente l’impresa, l’Alfa Romeo fece fondere in ghisa cinquecento grandi modelli della sua Alfetta 158 . Era lunga quarantacinque centimetri e pesava circa tre chili. A Natale si fece gran festa anche a casa nostra. Allora avevo quattro anni appena compiuti, e posso ricordare ben poco di quei giorni di festa. Eppure ricordo che la mamma aveva cominciato a preparare il pranzo di Natale qualche giorno prima. Ad esempio, aveva riempito di macedonia un grande bacile di ceramica, quello che in veneto viene detto piadena . La vedo ancora mentre faceva cadere gocce di essenza di mandorla amara sulla frutta tagliata a pezzetti: era la sfumatura d’aroma che lei adorava. Adorava anche le arachidi. Per evitare che i figli sgranocchiassero le nocc
Scrivere Scambio spesso qualche pensiero con Michele. In chat . Michele mi stuzzica; è intrigante. I suoi messaggi lasciano sempre il segno, mi toccano profondamente; Michele sa usare le parole. Qualche giorno fa mi ha inviato una pagina di giornale col breve racconto di uno scrittore affermato; l’intento dichiarato dal giornale è quello di suscitare l’interesse dei lettori per la lingua italiana e l’abilità con cui gli scrittori maneggiano le parole. Il racconto è di Paolo Rumiz. Adoro Rumiz, e Michele lo sa. Credo d’aver letto tutti i suoi libri, gustando parola dopo parola, con ammirazione per il suo vocabolario raffinato e la limpidezza del pensiero. Quando, raggiunta la pensione, per impiegare il mio tempo, ho pensato di scrivere qualche pagina di ricordi, Rumiz m’è tornato in mente mille volte; e scuoteva sempre il capo per farmi intendere la sua perplessità sulle mie pagine. Maestro severo, Paolo Rumiz, e può ben esserlo visto che, proprio in questi giorni, ha vinto un pre
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