Sci


Mario volle che andassi a sciare con lui. Il mio papà non ne era entusiasta, forse un po’ per il timore che nutriva nei confronti dello sci, forse anche per non sentirsi obbligato verso la famiglia del mio compagno, che non conosceva. Mario insistette, caparbiamente, e nella questione fece intervenire anche uno zio, che era caro amico e collega del papà. Che alla fine cedette.

Venni così equipaggiato di tutto punto: sci nuovi, tedeschi, della marca che mi suggerì Mario, scarponi all’avanguardia, coi ganci a molla, e un maglione strafigo, giallo canarino, che conservo ancora. 

Passai una settimana in albergo, ospite dei genitori del mio compagno. 

Quanti bei ricordi: mi innamorai subito di una capretta, che veniva a spasso con noi, come un cagnolino. E poi un mare di neve e le piste praticamente libere, l’albergo che mi pareva una reggia, del resto era la prima volta che alloggiavo in un albergo. 

C’era anche una cugina di Mario, di un anno più piccola di noi. 

Me ne innamorai subito, perdutamente. 

Se ne accorsero tutti, e per qualche giorno non smisero di prendermi in giro. 

Non ti puoi nutrire solo d’amore, mi diceva la mamma di Mario sottolineando la mia inappetenza, qualcosa devi pur mangiare, altrimenti sarai sempre per terra, sulla neve … altro che sci. 

La odiai. Sbandierare i miei sentimenti davanti a tutti … in albergo!

Però imparai a sciare piuttosto bene. E ne fui orgogliosissimo. 

Due giorni, e mi accorsi che la bambina nemmeno mi guardava. 

Per un attimo ci stetti male, ma tornai alla capretta, il mio primo amore, e risolsi brillantemente il mio problema di cuore.


L’anno dopo venni invitato a passare le vacanze nella nuova casa d’inverno di Mario, praticamente sulla più bella pista del Bondone. Terminata la colazione, ci si allacciava gli sci sulla porta di casa, e si volava verso la partenza della seggiovia, qualche centinaio di metri più in basso. 

Un sogno, se non fosse stato che la cugina di Mario, cresciuta e ancora più carina, considerava e pesava il mondo intero, ma non me.

Peccato. Non c’era nemmeno la capretta!

Ma quelle giornate sulla neve le ricordo ancora con nostalgia.


Franco




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