Adolescenza


La scuola era iniziata da poco quando la mamma cominciò a guardarmi con un po’ di apprensione. 

Eppure esperienza di figli ne doveva avere a sufficienza!

I sintomi: mangiavo poco, ero sempre distratto, dimenticavo gli impegni ed anche le cose, lasciate di qua e di là per la casa …

Hai problemi? Mi chiedeva. Ti manca qualcosa? Non ti piace questa scuola?

Sei innamorato? Questo non me lo chiese mai, ma capivo che aveva la domanda sulla punta della lingua.


Mi propose anche di studiare con Andrea, il mio compagno di banco. 

Anzi, l’unico compagno, visto che eravamo due ragazzi in una classe con ventisette ragazze.

Così finimmo col parlare delle nostre compagne anche a casa, da me o da lui non faceva differenza.

Eravamo innamorati di tutte, e finimmo col confidarci i nostri dispiaceri, le nostre delusioni.

A differenza di noi due, le nostre compagne di classe si dedicavano apparentemente solo allo studio; non si curavano certo dei due bambini che per caso erano in classe con loro, in quarta ginnasio.

Non valeva, di sicuro, la par condicio 


La mamma fu contenta quando le chiesi di comperarmi un paio di scarpette coi chiodi per la corsa campestre. In quello sport eccellevo: superavo, cioè, il mio compagno di banco. 

Finalmente pensa ad altro, deve aver concluso la mia mamma. 

Nessuno in casa si prese però la briga di verificare le mie attività sportive; avrebbero così scoperto che andavo sì a correre nella pista della palestra del Ginnasio, ma negli stessi giorni in cui s’allenavano, in campo, alcune delle mie compagne. 

Passavo così ore ad ammirarle, e a rodermi l’anima per la mia titubanza a farmi avanti.


Ne parlai con Andrea. Lui si era invece dedicato al disegno, a matita, che era il passatempo in cui eccelleva il suo papà. Capii però subito che anche lui non aveva smesso di sognare le nostre compagne … a modo suo, ovviamente.


Franco




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