Pipe 


Nella vecchia sede della Facoltà disponevo di uno studio bellissimo, ereditato dal mio Professore, che con molto gusto vi aveva sistemato dei quadri alle pareti e dei tappeti per terra.

Contribuii anch’io, e con un tocco di classe appesi grandi tende alle finestre.

Tutti ammiravano il mio studio. Era così ampio che ci stavano due tavoli: le riunioni più importanti le tenevo lì, dove nessuno poteva ascoltare di nascosto. Due porte lo separavano dal corridoio; in mezzo c’era uno stanzino con l’appendiabiti. Impossibile origliare, se non appoggiando uno stetoscopio al muro.


Sulla scrivania tenevo un grande vaso di terracotta sempre colmo di tronchetti di liquirizia: smisi di riempirlo solo quando mi fu diagnosticata una strana forma di ipertensione resistente ai farmaci.

Accanto al vaso di coccio tenevo anche la fila delle mie pipe, che fumavo in continuazione, e con gusto.

Buono il profumo della pipa!

Dovetti smettere di fumare quando, in montagna, lo zaino semivuoto si mise a pesare come un sacco di cemento. 

Da allora i miei colleghi non ebbero più alcuna esitazione a riunirsi nel mio studio.


Si, era proprio bella la mia stanza in Facoltà, senza più quell’aria fumosa … un po’ carbonara.


Franco



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