Scaramanzia
Non ci credo, ma non mi costa nulla …
Lo diceva un mio professore, e continuò a ripeterlo anche quando, anni ed anni più tardi, divenuti colleghi, si lavorava spesso insieme bisticciando su queste faccende.
Bastava una contrarietà, una cosa che andava storta, la presenza di una persona sinistra, o vestita di scuro, un gatto … insomma, qualcosa recuperato dal campionario della jella o dei menagrami, e lui subito ad esibire la sequenza dei gesti o delle parole che, nella credenza popolare, sarebbero stati in grado di tutelarlo. Ne discutemmo a lungo, io e lui, nel tentativo di mettere in luce la sciocchezza del suo atteggiamento. Era arrivato anche a tirare in ballo la statistica, e il numero delle volte in cui, omettendo il rito necessario a contrastare la sfortuna, le cose si erano messe male per lui. E così riecco la frase: … non ci credo, ma non mi costa nulla …
Devo dire la verità: un po’ scaramantico sono stato anche io, magari senza accorgermene. Ad esempio, mi è stato fatto notare che ho superato tutti gli esami d’Università indossando sempre la stessa camicia, che mi veniva lavata e stirata apposta per quelle occasioni e non la usavo per nessun altro motivo. A me sembrava la camicia migliore per essere “a posto” di fronte alla commissione: lo aveva sostenuto anche la mia mamma quando mi sistemò sul letto camicia, cravatta, giacca e pantaloni nel momento di affrontare l’orale dell’esame di maturità. Dopo di allora, io non ho fatto altro che seguire il suo suggerimento e, in analoga situazione, ad indossare la stessa camicia nei cinque anni successivi.
Anche Carlo, mio cognato, feroce nemico dei principi della scaramanzia, mi confessò che conservava gelosamente una penna BIC, delle prime che vennero commercializzate, quelle con asticciola gialla e cappuccio nero, che teneva tra le dita quando affrontava gli esami all’Università.
Scaramanzia? Di certo avrebbe sostenuto che non lo era, che seguiva soltanto una sua datata abitudine, insomma … certo, non ci credo, ma non mi costa nulla …
Franco
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