Strade
Per quindici anni ho abitato, a Padova, in una via che sentivo senz’anima. Una strada che tagliava di sghembo un quartiere un po’ disordinato, nel quale non si coglieva alcun disegno urbanistico. Aveva per me un’unica comodità: in un attimo arrivavo in centro città, anche a piedi, o all’Università, in bicicletta.
Mi regalarono un libro ricavato da una tesi di dottorato. Trattava di strade storiche del Veneto, a partire da quelle d’epoca romana. La via dove abitavo compariva tra le prime, e tra le più importanti: duemila e più anni fa era una via armentaria. Partendo dalla grande e ricca città, la strada costeggiava il Medoacus, la Brenta, per poi arrampicarsi verso i pascoli dell’Altopiano. Sono rimasto affascinato dalla storia che quella mia strada nascondeva, e l’ho percorsa più volte cercando le possibili tracce della antica via romana mascherate dal reticolo delle strade più recenti.
Più volte ho scritto di quella via armentaria, di cui ho scoperto i segni lasciati sul fianco dell’altopiano a sud di Bassano, a monte di Marostica, dove oggi si perde tra i boschi, immersa in un paesaggio che più che pascoli e armenti ricorda Venezia, e la sua fame di legname.
Michele ha riacceso tutti questi miei ricordi di molti anni fa. Lo ha fatto con alcune sue foto, scattate, come spesso gli riesce, con un tocco di magia. In quelle immagini si respira il lavoro e la fatica di generazioni di povera gente: immagino i pastori, che dalla Val Belluna conducevano le greggi ai pascoli di montagna, e viceversa.
Percorrevano sentieri infidi, e pericolosi, con la pioggia e col gelo. Così anno dopo anno, pietra dopo pietra, hanno dato sicurezza al cammino costruendo muretti di sostegno a monte e a valle della via armentaria. Quale ne è l’epoca? Non lo so, e forse nemmeno mi è utile saperlo. Quel che conta è l’anima del popolo che traspare dal lavoro compiuto, e dalla cura con cui lo si è mantenuto nel tempo.
Grazie, Michele, mi hai regalato una lezione di autentica ecologia.
Franco
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