Calza

La Goliardia è finita da un pezzo, e ora pochi la rimpiangono.

Anch’io l’ho patita da matricola, ma qualche simpatico ricordo me ne è rimasto.

Intorno all’otto febbraio, che è la grande festa della nostra Università, arrivavano in città goliardi da tutta Italia, e spesso anche dall’estero. 

A guardare gli stemmi alle pareti e sui soffitti del Bò, si capisce quanti giovani venissero nella nostra Università da altri Paesi, o da altre provincie. 

Un caleidoscopio di Nationes che, in questi giorni di festa, sempre si sono combattute tra loro e ancora ieri lo facevano, ma solo con burle, canti e “carole”.

La città era invasa da una allegra folla di studenti con mantelli, cappelli a punta, accenti e lingue differenti. Qua e là si sfidavano con canti tradizionali d’ogni luogo e Paese, che in comune avevano solo il vocabolario libero e sguaiato. Padova ha sempre accettato i goliardi, sorridendo, a volte con orgoglio, scorgendo nei mantelli e nelle feluche variopinte i simboli di una storia fatta da ottocento anni di allegra giovinezza; da rispettare, o da sopportare.


Già alla fine del cinquecento Venezia raccomandava costumi morigerati, specie durante le feste: il declino dei ricchi commerci lungo le rotte del Mediterraneo suggeriva di mantenere regimi di vita meno dispendiosi. 

È stato un magistero poco conosciuto rispetto ad altri più importanti: la Serenissima istituì infatti anche un Provveditorato alle Pompe. Tra le sue prime disposizioni, il Provveditorato stabilì che nessuno potesse far sfoggio di sete, e nemmeno indossare calze di quel tessuto che era considerato dimostrazione di opulenza. Sui disobbedienti calavano severe punizioni, cospicue ammende, talvolta anche il carcere. Per stanare i colpevoli, era stato istituito uno speciale servizio di polizia, cui aderivano molti rampolli di buona famiglia; erano però i primi a disattendere le regole di sobrietà che avrebbero dovuto far rispettare. 

Il nome del Servizio era Congregazione della Calza.

Ne è restata memoria nel Sacer Ordo Calzae, o Academia Patavina Calzae, un ordine goliardico che non perseguiva di certo la morigeratezza dei costumi. Si dice che tra i vari riti di iniziazione degli adepti ci fosse ancora lo sfilar le calze alle donzelle, esercizio che, a differenza d’un tempo, si doveva portare a termine con gli occhi bendati, e nel più breve tempo possibile.


Franco




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